Afghanistan, perché la formula “nel rispetto della shari’a” non è necessariamente garanzia di tolleranza

Afghanistan Talebani shari'a Ashraf Ghani
i Talebani nell’ufficio dell’ex presidente Ashraf Ghani a Kabul

Di Marco Zonetti

Nel 2007 ho tradotto per Piemme le memorie di Omar Nasiri, infiltrato nei campi di addestramento dei terroristi di Al-Qāʿida in Afghanistan, immergendomi diversi mesi nello studio dell’Islam, e soprattutto della sua frangia più estremista. Cercherò di utilizzare il linguaggio più semplice possibile nell’illustrare il significato della formula utilizzata dai Talebani, dopo la riconquista dell’Afghanistan, assicurando all’Occidente il “rispetto della legge della shari’a“.

In primo luogo, a differenza della nostra religione, nella quale abbondano le immagini di Gesù, dei Santi, della Vergine Maria e così via, l’Islam è una religione aniconica – ovvero non ammette immagini o idoli di divinità: da qui la reazione spesso spropositata dei musulmani nel momento in cui la satira prova a raffigurare Maometto o Allah, perché è come se fosse commesso un doppio sacrilegio.

Oltre a essere aniconica, l’Islam è una religione fondata su un testo sacro – il Corano – i cui precetti sono fortemente legati alle differenti interpretazioni. Per questo le formule “comportarsi secondo la shari’a” o “governare secondo la shari’a” (tra le cui fonti essenziali c’è proprio il Corano assieme alla Sunna) sono quanto più vaghe e affidate anch’esse all’interpretazione soggettiva.

Un esempio è il concetto di “jihad”, che nel suo significato di “guerra santa” ha due possibili sfumature. Quella meno estrema di “guerra santa contro il nemico interno”, ovvero contro il male insito nel proprio animo. E quella più estrema di “guerra santa contro gli infedeli”. Un altro esempio è, guarda caso, proprio il vestiario femminile nei paesi islamici. In Iran vige lo chador che lascia “almeno” scoperto il viso; in Afghanistan e in Pakistan il burqa che copre tutto il corpo e anche il viso lasciando solo una retina attraverso la quale poter “almeno” vedere; nel Golfo il niqab che invece lascia scoperti “almeno” gli occhi, e così via.

Ergo, non esistono regole, norme, precetti ben definiti. Semplificando al massimo, la shari’a può quindi essere interpretata in maniera più “illuminata”, o più “estrema” come fanno per esempio i terroristi islamici. Per questo motivo, il distinguo avanzato dai Talebani con la formula “nel rispetto della legge della shari’a” vuol dire tutto e niente, e non è di per sé necessariamente garanzia di tolleranza e moderazione.

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