Di Marco Zonetti
La conclusione della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2001 vide il Cavaliere vittorioso con la coalizione della Casa delle Libertà tornare a Palazzo Chigi e dare vita al cosiddetto “Berlusconi Due”, l’esecutivo più longevo della storia della Repubblica Italiana rimasto in carica fino all’aprile 2005 per tre anni, dieci mesi e dodici giorni. Precedendo il “Berlusconi Tre” che nacque nell’aprile 2005 continuando fino alla conclusione fisiologica della legislatura nel 2006. Di fatto, dunque, dopo le cruciali elezioni del 2001 nelle quali batté l’ex sindaco di Roma (in carica dal 1993 al 2001) Francesco Rutelli al timone dell’Ulivo, il Cavaliere rimase a capo di Palazzo Chigi fino al 2006, per cinque anni consecutivi.
In un’intervista a Libero, Luigi Crespi, spin doctor del Cavaliere in quella cruciale campagna elettorale, sminuisce il ruolo preponderante che in quella competizione ebbe la Tv (sia le reti Rai e vedremo perché, sia i canali Mediaset in mano allo stesso Berlusconi) sottolineando invece il ruolo di Stanley Greenberg, influentissimo guru delle campagne presidenziali USA, che Rutelli aveva chiamato per pianificare la strategia della sua corsa a capo del Governo.
Michele Anzaldi, Segretario della Commissione di Vigilanza Rai, confuta su Facebook la ricostruzione di Crespi, ritenendo “comprensibile che voglia sottolineare il suo lavoro di spin doctor di Berlusconi in occasione della vittoria alle elezioni del 2001″, ma puntualizzando che “la ricostruzione che fa su Libero di quella campagna elettorale” appare “lacunosa e, in alcuni passaggi, sbagliata”. E ancora: “Dire che la televisione non ha giocato un ruolo in quella competizione e dare, invece, grande peso ai guru americani, come ad esempio Greenberg chiamato ad aiutare la campagna di Rutelli, significa non riconoscere cosa c’era davvero dietro a quella campagna elettorale“.
Michele Anzaldi precisa: “Berlusconi era l’uomo più ricco d’Italia, aveva dietro di sé la potenza di fuoco delle sue televisioni: basti ricordare che l’ultima ospitata tv prima del voto la fece a Canale 5, sulla sua tv, al Maurizio Costanzo Show, mentre Rutelli veniva intervistato in una trasmissione che non faceva sconti a nessuno, Il Raggio verde su Rai2 condotto da un signor giornalista come Michele Santoro. Il Cavaliere aveva anche la connivenza di una parte della Rai: tutti ricordano il Contratto con gli italiani firmato in diretta a Porta a porta su Rai1“.
Il “Contratto con gli italiani” era un documento presentato e firmato da Silvio Berlusconi l’8 maggio 2001, cinque giorni prima delle elezioni politiche, nel corso della trasmissione televisiva Porta a Porta condotta da Bruno Vespa in onda su Rai1. Il Cavaliere s’impegnava, in caso di vittoria elettorale, a varare varie riforme riassunte in 5 punti e, in caso di mancata realizzazione di almeno 4 punti, a non ricandidarsi alle successive elezioni politiche.
E proprio sul documento firmato dal Cavaliere nel salotto di Bruno Vespa su Rai1, Luigi Crespi si autosmentisce. Abbiamo trovato infatti un suo scritto sul suo blog personale in cui egli illustra: “La confezione della proposta e la modalità di presentazione sono stati elementi altrettanto unici e decisivi per il successo dell’operazione, ed il prodotto finale porta il marchio diretto e indelebile dello stesso leader di Forza Italia che al tavolo di lavoro con il sottoscritto ha corretto e plasmato tutti i passaggi che lo hanno portato davanti alla telecamere da Vespa” E soprattutto: “Io ho avuto il merito di credere che il “contratto” fosse la mossa decisiva per vincere quella campagna elettorale, ho rimosso dubbi e paure, ed ho confezionato insieme a tutto lo staff il prodotto nel quale mi sono identificato”.
Per ammissione dello stesso Crespi, quindi, la firma del Contratto con gli italiani in Tv di fronte a milioni di spettatori sintonizzati su Rai1, nel programma definito “la terza Camera del Parlamento italiano” rappresentò – ripetiamo le parole dello spin doctor – “la mossa decisiva per vincere quella campagna elettorale”. A conferma, dunque, dell’assoluta rilevanza della televisione nella comunicazione politica come fabbrica del consenso in un periodo storico, il 2001, in cui i social network esistevano soltanto nei sogni dell’allora diciassettenne Mark Zuckerberg (Facebook sarebbe stato fondato soltanto nel 2004 nella mensa di Harvard, mentre in Italia prese effettivamente piede nel 2007-2008).
Ma vi è un’altra dichiarazione da segnalare, e proviene dallo stesso Vespa “complice” di quel coup de théâtre in diretta televisiva. In un’intervista rilasciata nel 2016 al Fatto Quotidiano, il giornalista e conduttore Rai sostiene che il contratto “l’ha pensato Porta a Porta“. Spiegando che l’allora candidato Primo Ministro del Centrodestra “voleva fare l’annuncio, un patto con gli elettori, qualcosa del genere”. Poi parlandone insieme, continua Vespa, “gli abbiamo proposto di sceneggiare un accordo dal notaio”.
Lo stesso Michele Anzaldi nel 2016, già Segretario della Commissione di Vigilanza Rai, tuonava a proposito della dichiarazione di Vespa: “Era l’8 maggio 2001, cinque giorni dopo Silvio Berlusconi avrebbe vinto le elezioni. Vespa ha ammesso di aver suggerito all’ex Cavaliere di sceneggiare il contratto con gli italiani, con tanto di scrivania. Un ruolo, quello ammesso oggi dal conduttore di Porta a Porta, che ha più a che fare con gli spin doctor che con i cronisti del servizio pubblico“. E un ruolo, aggiungiamo noi, quello della televisione, che – lo dicono le testimonianze dei protagonisti qui sopra – all’epoca era di fatto decisivo per le sorti di una campagna elettorale. Altro che Greenberg, insomma.