di Marco Zonetti 🖋️
Michele Anzaldi, Segretario della Commissione di Vigilanza Rai, segnala ancora una volta il Tg1 per il trattamento – diciamo benevolo – riservato a Giuseppe Conte, e pare di essere tornati ai tempi in cui quest’ultimo era capo del Governo e al timone del principale notiziario Rai c’era Giuseppe Carboni in quota M5s.
Nel servizio relativo all’audizione di Conte al Copasir per presunto spionaggio russo durante la missione sanitaria voluta da Vladimir Putin ed effettuatasi nel nostro Paese nel 2020 in accordo con l’allora Presidente del Consiglio grillino, il Tg1 non spiega nei dettagli i motivi per cui il Presidente del Copasir Adolfo Urso abbia convocato l’attuale presidente del M5s. Addirittura il servizio dà in apertura la parola proprio a Conte, che spiega di essersi messo lui stesso a disposizione della Commissione di Vigilanza sui Servizi Segreti.
Scrive dunque Michele Anzaldi sui suoi profili social corredando il post con il video del servizio in questione: “Conte sentito al Copasir per il presunto spionaggio dei russi nella missione del 2020 in Italia per il covid ma il Tg1 nel servizio non fa mai riferimento né a spie né a spionaggio e alla fine la butta sul macchiettistico. Incredibile disinformazione, è ancora la Rai gialloverde?”. Quindi precisa: “Conte era presidente del Consiglio e concordò personalmente con Putin la missione in Italia, ma dal servizio del Tg1 non si capisce né quali siano le contestazioni, né perché il leader M5s sia stato costretto ad essere ascoltato al Copasir. Disservizio pubblico”.
Con quel termine “macchiettistico”, l’On. Anzaldi si riferisce alla citazione nel servizio del Tg1 di Dalla Russia con amore, celebre film di James Bond che dava il nome anche alla missione russa nel nostro Paese. Citazione, così come tutto il servizio, che tuttavia non entra nel merito e non permette di comprendere come mai Conte sia stato audito dal Copasir per sospetta presenza di personale dei servizi segreti del Paese governato da Vladimir Putin in seno alla delegazione sanitaria inviata in Italia nel 2020, nelle prime settimane dell’emergenza Covid-19, in accordo con l’allora Presidente del Consiglio pentastellato.
Per ricostruire quanto avvenuto, ricorriamo a un’inchiesta pubblicata nel 2021 sul quotidiano La Repubblica. Domenica 26 marzo 2020, da 13 aerei Ilyushin sbarcano in tarda serata sulla pista di Pratica di Mare 106 militari russi per aiutare le zone del Bergamasco ad arginare il virus che sta mietendo vittime su vittime e che sta portando al collasso le strutture ospedaliere della zona. Un’operazione decisa in 24 ore, «un’iniziativa concordata» tra Vladimir Putin e il Presidente Conte, che il giorno prima aveva convenuto telefonicamente con il Cremlino l’arrivo del contingente militare, «spiazzando sia la Farnesina sia i generali tagliandoli fuori da quella spedizione senza precedenti: una missione dell’esercito russo nel territorio di un Paese della Nato». E qui sta il primo nodo controverso: l’intervento russo fu richiesto espressamente dal Governo italiano, oppure l’idea nacque al Cremlino?
L’interrogativo è tanto più cruciale poiché l’inchiesta di Repubblica gettava una livida luce sull’operazione, dalla quale potrebbero essere stati soprattutto i russi a trarre vantaggio, accelerando esponenzialmente la messa a punto del potentissimo vaccino Sputnik-V. In soldoni, di giorno i medici inviati da Mosca aiutavano gli omologhi italiani nei reparti di terapia intensiva bergamaschi impegnati contro il Covid-19, mentre nottetempo – in cinque furgoni parcheggiati nell’aeroporto di Orio al Serio e inaccessibili alle autorità del nostro Paese – lavoravano allo sviluppo del vaccino russo. Del resto, svela sempre Repubblica, in seno a quel contingente militare giunto dalla Russia (almeno in apparenza “con amore”) e sbarcato dai grandi portelloni degli Ilyushin, erano presenti anche due epidemiologi poi annoverati dal Cremlino come principali punti di riferimento nella lotta alla pandemia: Aleksander V. Semenov e Natalia Y. Pshenichnaya.
A conti fatti, dunque, autorizzando la missione in territorio italiano, Conte avrebbe avvantaggiato Putin non soltanto nella creazione di un vaccino per curare il Covid-19 in Russia ma anche offrendogli l’opportunità di avviare «una campagna di propaganda interna ed internazionale» volta al consenso elettorale personale, «in una sorta di competizione ibrida o guerra irregolare» che in quel preciso periodo storico vide proprio la Russia raggiungere «una momentanea supremazia nel settore in cui tutte le potenze si stavano confrontando». Un’occasione insomma per Mosca per «ribaltare il sistema, incuneandosi nell’emergenza con gli aiuti e con la propaganda».
Oltre la beffa all’Italia, tuttavia, Repubblica ipotizzava anche il danno: nonostante tutti i vantaggi offerti da Conte a Putin, quest’ultimo infatti non avrebbe restituito il preziosissimo favore al nostro Paese, rifiutando di condividere con noi le scoperte scientifiche ottenute dai due epidemiologi russi nello studio del virus in Italia, né i dati inerenti alla pandemia; e finendo addirittura per stigmatizzare in toni “spietati” la linea di condotta del governo giallo-rosso nella lotta al Covid-19.
Sulla controversa vicenda dagli inquietanti connotati – e sulla sospettata presenza di personale dei servizi segreti russi in seno alla delegazione sanitaria – sta indagando per l’appunto il Copasir, la Commissione di Vigilanza sui Servizi Segreti con a capo Adolfo Urso (FdI); un’inchiesta che fu definita “doverosa” dallo stesso Michele Anzaldi commentando su Facebook la “missione russa a Bergamo ad aprile 2020, concordata personalmente da Conte con Putin e che secondo una lunga inchiesta di Repubblica avrebbe aperto alla Russia le porte di informazioni riservate a insaputa delle autorità italiane”.
L’On. Anzaldi chiosava anche che: “I Governi Conte hanno per la prima volta portato la politica estera fuori dal solco dell’atlantismo e dell’europeismo, portando l’Italia addirittura a fiancheggiare Russia e Cina. La delega ai servizi segreti che Conte per 3 anni ha tenuto per sé ne era una delle prove.”.