Clamoroso a Rai2: “Gli stadi riapriranno fra dieci anni”. E nessuno eccepisce

Lo Stadio Olimpico di Roma. Ph: www.imagephotoagency.it

Nella più recente puntata del programma O anche no condotto da Paola Severini Melograni il venerdì in seconda serata su Rai2, e in replica la domenica mattina, è andato in onda un inquietante siparietto fra la padrona di casa e il fumettista Stefano Disegni.

Durante l’intervista a Disegni, come da video pubblicato più sotto, la conduttrice ha sentenziato: “Cominciamo ad essere preoccupati anche per quello che accadrà presto quando riapriranno gli stadi perché tutta questa tensione e aggressività così controllata e sopita attraverso il lockdown magari potrà esplodere”. 

Insomma, lo stadio assurge a luogo emblematico di violenza e aggressività, dimenticando che gli stadi sono la principale fonte di sostegno per lo sport italiano, soprattutto per le serie minori. Si dimentica che lo sport è un modo per tante persone di socializzare e fare comunità. Si dimentica che gli stadi fanno parte di un settore economico che dà lavoro a tante persone.

E a rincarare la dose arriva la replica ironica di Disegni: “Considerando che gli stadi non li riapriranno prima di 10 anni possiamo stare tranquilli“. Parole dalle quali la Severini Melograni non prende le distanze, limitandosi a definire “cinico” l’interlocutore.

Mentre l’Italia si appresta a tornare nell’incubo delle chiusure generalizzate, ecco che dalla Rai – anziché un messaggio di speranza – arriva una dichiarazione terrificante. Se davvero gli stadi – così come tutti i luoghi di aggregazione – dovessero restare chiusi tanto a lungo, addio Paese. Ma la questione è assai più complessa. O anche no è un programma dedicato alla disabilità, e tuttavia sembra dimenticare che il calcio e lo sport per i disabili è speranza, finestra sulla vita, così come lo stadio il luogo di riabilitazione.

Per quale motivo lo stadio deve sempre necessariamente essere tacciato di essere luogo di violenza o potenziale aggressività? Per quale motivo la televisione pubblica deve concorrere ad alimentare quest’idea, tralasciando invece il valore positivo che lo stadio e il calcio – soprattutto in tempo di pandemia – possono generare? 

E per quale motivo, alla Rai, nessuno prende le distanze dalle parole di Stefano Disegni? La chiusura a oltranza degli stadi non è argomento su cui ironizzare o fare battute “ciniche”, poiché sarebbe la prova del fallimento della campagna di vaccinazione, la sconfitta della battaglia contro il Covid. Per non parlare dei posti di lavoro persi, dell’economia e della funzione sociale dello sport.

Un siparietto infelice, insomma. La Severini Melograni può avere la sua opinione ed è degna di ogni rispetto, ma essendo una dipendente del Servizio Pubblico pagato dal canone, è lecito chiedersi se la sua è anche l’opinione della Rai. Se il Servizio Pubblico, a conti fatti, si augura che gli stadi rimangano chiusi per 10 anni e che lo sport è solo luogo di violenza. C’è ancora qualcuno che controlla, a Viale Mazzini? Che ne pensa il direttore di Rai2? E l’Ad Rai? Salini, se ci sei, batti un colpo.

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