Come un anno fa la Rai misogina eliminò la prima donna Direttore di Rai1

Rai misogina Teresa De Santis
Teresa De Santis, ex Direttore di Rai1 ora Presidente di RaiCom

di Marco Zonetti

Il 14 gennaio 2020, esattamente un anno fa, l’Amministratore Delegato Rai Fabrizio Salini rimuoveva dal suo incarico Teresa De Santis – prima donna Direttore di Rai1 nella Storia, nominata il 27 novembre 2018 – sostituendola con Stefano Coletta proveniente dalla direzione di Rai3.

Il 14 gennaio era una data peculiare, visto che poco più di due settimane più tardi avrebbe preso il via il Festival di Sanremo, la cui macchina organizzativa era stata allestita dalla De Santis (ora Presidente di RaiCom), che aveva scelto anche il ticket Amadeus-Fiorello facendolo digerire a Salini intenzionato invece a collocare Alessandro Cattelan (?) al timone della kermesse canora. Il Festival fu un enorme successo, che solo pochissimi – fra cui chi scrive – riconobbe alla De Santis.

Poco più di due settimane dopo averla accompagnata alla porta, l’Ad Salini e il sostituto Coletta ballettavano in prima fila all’Ariston di Sanremo, circondati dalla pletora di dirigenti Rai in trasferta a spese degli italiani, in una gaia atmosfera un po’ sbracata da Villaggio Vacanze a Mykonos. Di fatto, ballavano idealmente sul cadavere della De Santis, privata della celebrazione del successo del festival che lei aveva allestito.

Teresa De Santis era per giunta appena reduce da un successo inaspettato, quello del Cantante mascherato condotto da Milly Carlucci in prima serata, che malgrado lo scetticismo generale era riuscito a surclassare il Grande Fratello Vip, dato per vittorioso sulla carta. Era stata la stessa De Santis ad accompagnare la Carlucci negli Stati Uniti a visionare e poi scegliere il format.

Ma non solo. Poco tempo prima l’ex “Direttora” aveva portato a casa un altro successo insperato, quello di Una storia da cantare nella prima serata del sabato. Che, condotto da Bianca Guaccero ed Enrico Ruggeri, aveva dato vita a un format originale Rai ottenendo un buon riscontro Auditel. Perfezionabile e migliorabile, senz’altro, ma comunque un’idea originale “fatta in casa”, esportabile e non importata.

Prima della sua rimozione, per mesi e mesi gli ascolti di Rai1 erano stati vagliati minuziosamente da tutte le testate – in primis La Repubblica – e praticamente ogni giorno Teresa De Santis era stata mandata al patibolo. Il fuoco era concentrato soprattutto sul “biografo di Salvini”, alias Roberto Poletti in forza a Uno Mattina assieme a Valentina Bisti. Le performance Auditel del programma erano stigmatizzate quotidianamente, quando invece – a conti fatti – erano assai migliori di quelle di quest’anno con la coppia Monica Giandotti-Marco Frittella. Giandotti è moglie del Caporedattore de La Repubblica Stefano Cappellini, e infatti si nota una certa assenza di strali sul programma e sulla direzione di Stefano Coletta in generale, rispetto a quelli scagliati sulla De Santis l’anno scorso da parte del quotidiano. Coincidenza? Chissà.

Teresa De Santis veniva per giunta malgiudicata in quota “sovranista” e “salviniana”, ma fu proprio lei a mandare in onda con grande successo il film Il diritto di contare in prima serata. Un biopic sulla “matematica, scienziata e fisica afroamericana Katherine Johnson, che collaborò con la NASA, sfidando razzismo e sessismo, tracciando le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11. Un film pressoché sconosciuto in Italia con quattro donne di colore protagoniste in prime time su Rai1 in quota Lega. Quello che poteva essere un bagno di sangue, soprattutto politico, vinse invece la serata con un clamoroso 20.45% di share e 4.391.000 spettatori.

Dopo una bella carriera in Rai, Teresa De Santis era stata relegata per anni “nello stanzino” del Televideo, ed era approdata a Rai1 con l’entusiasmo e la voglia di rivalsa tipici di chi torni ad avere un’occasione professionale importante che ripaghi dei torti subiti. In parte fu questo entusiasmo, probabilmente, ad attirarle tante critiche, oltre ai diversi errori di valutazione che commise sulle persone di cui circondarsi. Persone che poi le voltarono biecamente le spalle pugnalandola più volte, nell’eterna tradizione della sindrome rancorosa del beneficato.

Fu una direzione senza difetti quella di Teresa De Santis? No. Meritava Teresa De Santis il trattamento subìto? No di certo. Il fatto che fosse “donna” sicuramente incise sia per il fuoco di fila mediatico di cui fu vittima, sia perché il suo sesso la rendeva il perfetto capro espiatorio da immolare in olocausto sull’altare del “repulisti” di Salini dopo l’uscita di Salvini dal Governo. Un repulisti che sarebbe dovuto avvenire ai primi di settembre 2019 e che invece si consumò a gennaio 2020, tenendo per mesi appesi a un filo due direttori, De Santis e Coletta, indicato da sempre come papabile sostituto. Un repulisti che vide assegnare alla direzione di Rai3 Silvia Calandrelli, anch’ella rimossa dopo solo qualche mese.

Altra donna, la Calandrelli, alla direzione di un canale Rai eliminata in poco tempo, lasciando Rai1, Rai2 e Rai3 in mano a soli uomini. Un club tutto al maschile come la trimurti al timone della Rai: l’Ad Salini e i suoi bracci destri, il Direttore Generale Alberto Matassino e il capo della Comunicazione Marcello Giannotti. Se poi ci aggiungiamo Marcello Foa alla Presidenza, otteniamo un quadrumvirato tutto all’insegna del testosterone. Una Rai di fatto misogina nella quale Teresa De Santis ha subìto un’ingiustizia non riconosciuta a dovere dalle femministe e dalle paladine delle pari opportunità.

Il 14 gennaio 2020 l’eliminazione professionale e di fatto personale della De Santis avvenne nel silenzio più totale da parte delle donne, se non qualche debole voce sparuta che si levò qua e là, e fu celebrata qualche settimana dopo con i capi tribù a ballare in diretta nazionale a Sanremo attorno al totem eretto in onore della loro virilità appagata. Il fatto che la canzone che accompagnava la danza sacrificale non fosse però un marziale inno di guerra, bensì il cult gay Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri, fu la grottesca beffa che si aggiungeva al danno.