Elezioni Politiche 2022: oltre alle ingerenze russe è rischio fake news

di Marco Zonetti 🖋️

Come se non bastasse il pericolo ventilato dal Copasir relativo a eventuali ingerenze russe nella campagna per le prossime Elezioni Politiche 2022, ecco che sull’imminente consultazione aleggia anche lo spettro delle fake news, fenomeno legato anche all’influenza del regime putiniano, ma non solo.

Basti pensare che, secondo l’ultimo rapporto del Censis, più di otto su dieci (83,4%) si sono imbattuti almeno in una notizia falsa sulla pandemia di Covid. Come scrive Sibilla Di Palma in un dossier pubblicato sul quotidiano La Repubblica, “l’ultimo allarme arriva da NewsGuard: il programma che contrassegna le notizie con un’icona di colore verde oppure rosso, permettendo agli utenti di riconoscere le fake news, ha infatti messo in guardia di recente da quasi 100 siti che nel 2021 diffondevano disinformazione sulla pandemia e che oggi lo fanno sulla guerra in Ucraina” e “l’Istituto superiore di sanità è dovuto intervenire di recente sul proprio sito per smentire una delle ultime bufale diffuse sul web, ovvero che per i vaccinati il rischio di infezione sarebbe maggiore rispetto a chi ha scelto di non immunizzarsi contro il virus”.

Qualche giorno fa in Senato è stato presentato il secondo Rapporto annuale sulla buona comunicazione dell’emergenza quotidiana realizzato dall’istituto di ricerca socio-economica Censis e dall’agenzia Ital Communications, un incontro che ha visto partecipare Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis; Domenico Colotta, founder di Ital Communications; Giuseppe Moles, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria e all’informazione; Alberto Barachini, presidente della Commissione di Vigilanza Rai; Antonello Giacomelli, commissario Agcom; Roberto Zarriello, segretario generale di Assocomunicatori, e Ruben Razzante, professore di Diritto dell’Informazione all’Università Cattolica di Milano.

Il Rapporto ha evidenziato fra le altre cose come il luogo privilegiato ove prosperano le fake news è quello dei social network, ma anche della messaggistica istantanea. “Un esempio su tutti” scrive sempre Repubblica, “nel periodo di emergenza sanitaria Twitter è stato il canale più utilizzato per screditare le misure anti-Covid e anche altri social network hanno ospitato bufale dei complottisti, soprattutto ai danni dei vaccini contro il coronavirus. Mentre l’app di messaggistica Telegram è stata utilizzata come spazio della propaganda filo-russa fin dall’inizio della guerra in Ucraina e la piattaforma di musica in streaming Spotify è stata coinvolta in accuse di disinformazione da alcuni famosi musicisti che l’hanno abbandonata per aver ospitato podcast in cui si esprimeva contrarietà ai vaccini”. 

Dati che, in vista delle prossime elezioni, per l’appunto, che vedranno al centro del dibattito temi quali per l’appunto la guerra in Ucraina e il Covid, inquietano oltremodo. Ma anche la penetrazione della Tv non va sottovalutata, ed è per questo che VigilanzaTv ha ricordato qualche giorno fa come sia assolutamente importante riprendere in mano la Risoluzione sul pluralismo nei talk show Rai, ora congelata dal suo stesso promotore, il Presidente della Commissione di Vigilanza Rai Alberto Barachini.

Quest’ultimo, al convegno di cui sopra, ha del resto osservato come in questo contesto “dobbiamo lavorare tutti insieme, istituzioni e testate giornalistiche, per certificare le fonti e offrire al cittadino delle informazioni serie e corrette così da evitare il diffondersi di fake news”. La suddetta Risoluzione potrebbe essere ripresentata a nome del Segretario della Commissione di Vigilanza Michele Anzaldi, nel caso in cui essa restasse arenata.

Frattanto, ricordando come qualche mese fa la giurista Vitalba Azzollini avesse puntato il dito su alcune trasmissioni televisive (DiMartedì e Non è l’Arena) per aver invitato personaggi funzionali al regime di Putin aggirando le sanzioni europee al riguardo, si segnala che la Commissione europea si è schierata contro la diffusione di notizie false online, spingendo le grandi aziende del tech a impegnarsi di più su questo fronte. Repubblica sottolinea che “lo scorso 16 giugno la Commissione ha condiviso il nuovo ‘Codice di buone pratiche rafforzato sulla disinformazione‘ che è stato firmato da 34 organizzazioni, tra le quali Meta, Microsoft, Google, Twitter, Twitch e TikTok. Al suo interno sono definiti 44 impegni che le aziende tecnologiche si assumono per combattere la diffusione di notizie false. Tra questi, demonetizzare i siti di fake news, eliminando così le loro entrate pubblicitarie; ridurre il numero di account falsi usati per diffondere disinformazione; fornire agli utenti migliori strumenti per riconoscere e segnalare la disinformazione”.

E ancora: “Per assicurarsi che il nuovo regolamento venga rispettato quest’ultimo sarà sostenuto dal Digital Services Act (Dsa), progetto di legge che regolamenterà contenuti illegali e disinformazione sulle varie piattaforme anche attraverso pesanti sanzioni per le grandi società che violano ripetutamente il Codice”.