di Marco Zonetti 🖋️
Catherine Spaak, scomparsa qualche giorno fa, era senz’altro un’icona di stile e di eleganza ma senz’altro non esente da una certa perfidia. Nel suo raffinatissimo Harem, più volte le ospiti femminili furono infatti vittime di battute al vetriolo, umiliazioni o addirittura trappole da parte della padrona di casa. Ricordiamo per esempio la frecciata a Maria Maddalena Fellini, sorella di Federico, la quale a 62 anni si affacciava al cinema e che, alla domanda sul perché debuttasse sul grande schermo alla sua età, rispose scherzando: “Audrey Hepburn si ritira e arrivo io”. La Spaak, con un maligno sorrisetto, sentenziò: “Be’, non avete le stesse misure…” ironizzando sul sovrappeso dell’interlocutrice che ribatté visibilmente mortificata: “Lei è molto cattiva”.
Nulla al confronto dell’onta subita dalla povera Wendy Windham che, sempre a Harem, fu ridicolizzata da Aldo Busi che tradusse letteralmente il suo cognome in “prosciutti al vento”, facendola scappare via piangendo sotto lo sguardo divertito della Spaak. La quale non solo non batté ciglio, ma neanche fece alcunché per difendere o per richiamare l’ospite in fuga, continuando la trasmissione come se niente fosse e senza rivolgere il minimo rimprovero allo scrittore.
Sì, come in ogni harem che si rispetti, anche dietro ai damaschi dell’arabeggiante salotto di Catherine Spaak si nascondevano pericolose insidie, e ne sa qualcosa Lilli Gruber attirata dalla conduttrice in un’autentica trappola nella puntata andata in onda il 7 novembre 1992.
Una premessa è d’obbligo. Qualche mese prima, a fine agosto 1992, la Gruber allora in forza al Tg1 era stata spiattellata completamente nuda sulla copertina di Novella 2000 (poi anche sulle pagine di Oggi), immortalata in un servizio del settimanale scandalistico costellato di diversi scatti rubati dai paparazzi mentre prendeva il sole nella villa dei genitori in Sardegna. Per Lilli non era la prima volta, essendo le sue foto in topless in spiaggia a Capalbio finite l’anno precedente sui giornali scandalistici, ma se nel frangente toscano non aveva protestato, nel caso degli scatti rubati in Sardegna s’inalberò oltremodo adendo le vie legali.
Fu lei stessa – furente – a precisarne il motivo ai giornali: “Il servizio di Novella 2000 non ha spiegato che mi trovavo nella casa sarda dei miei genitori e, mancando di questa essenziale notizia, è viziato d’incompletezza d’informazione. Fino a prova contraria, nessuno è tenuto a rendere conto dei comportamenti che tiene in casa propria“.
Oltre al danno, la beffa: le foto rubate della Gruber erano corredate da un’intervista allo stesso fotografo che spiegava la fatica erculea affrontata per immortalare la giornalista, costretto ad arrampicarsi su un “albero ostico” munendosi di “potente teleobiettivo”. Sta di fatto che Lilli citò in giudizio di fronte al Tribunale di Milano la R.C.S., il direttore responsabile, l’articolista e il fotografo A.E. Più avanti vedremo come si risolse il contenzioso.
La denuncia da parte della giornalista vide la subitanea levata di scudi da parte dei paparazzi, con Rino Barillari e Massimo Sestini a capo della protesta, e le foto incriminate di Lilli finirono anche su Newsweek, sulle cui pagine l’allora mezzobusto del Tg1 veniva definita ”vittima” degli obiettivi più invadenti del mondo in un lungo articolo dedicato ai paparazzi e alla loro “caccia alle stelle”. Nell’articolo si scopriva insomma che le foto di “Lilli Gruber nuda” erano preda ambitissima per i tabloid, al pari degli scatti senza veli rubati a principi e principesse di Monaco, reali d’Inghilterra, attori, rockstar, politici.
E se fotografi e direttori di giornali difendevano a spada tratta “la legittimità della cronaca scandalistica”, l’allora mezzobusto del Tg5 “rivale” della Gruber Cristina Parodi si ammantava di candido perbenismo e ci metteva il carico da undici commentando: “Io non mi metterei a prendere il sole in topless, figuriamoci nuda. Non mi ci metto per una questione di principio. Ma anche se mi piacesse spogliarmi, non lo farei lo stesso. In fondo, non ci vuole molto a prendere qualche precauzione. A meno che una non abbia interesse a finire sui giornali…”. (Qualche anno dopo sarà fotografata varie volte in topless sulle spiagge nudiste, ma tant’è).
Ma torniamo al passato. Siamo a novembre 1992, l’estate, gli arenili e le nudità balneari sono ormai un lontano ricordo. Catherine Spaak, alle redini del celebratissimo Harem, allestisce una puntata nella quale le ospiti sono Antonella Boralevi ma soprattutto (guarda caso) Lilli Gruber e Cristina Parodi. Dopo qualche convenevole e salamelecco di rito, ecco che la padrona di casa con il suo suadente accento francese snocciola la stucchevolmente velenosa premessa: “Quest’estate abbiamo ammirato Lilli in copertina” e domanda a un’angelica Parodi come preferisca prendere il sole al mare.
Visibilmente intimidita dalla presenza della Gruber seduta a pochi centimetri da lei, l’allora mezzobusto del Tg5 volta pervicacemente le spalle alla collega altoatesina e sbattendo gli occhi da cerbiatta innocente risponde alla Spaak di essere abituata a prendere il sole in costume, perché così si trova bene e perché è molto timida e molto riservata e non le è mai interessato spogliarsi nuda (tabù poi superato, come abbiamo visto sopra). Poco dopo, nella stessa fatidica puntata di Harem, la Boralevi confessa altrettanto santamente alla Spaak di non prendere mai il sole e di essere sempre “vestitissima” anche quando è in barca.
A quel punto la padrona di casa interpella la Gruber, che chiede – con ironia non disgiunta da un certo fastidio – “la domanda di riserva” per poi spiegare più volte che in Sardegna si trovava a casa dei genitori e che vorrebbe vivere in Paese un po’ più civile, nel quale la privacy e l’inviolabilità del domicilio siano tutelate dalla legge. Al che Spaak ribatte: “Ma la spiaggia non è un domicilio”, e Lilli le ricorda ancora una volta – sempre più piccata – che quella era casa sua, non una spiaggia. “E poi non mi avevi detto che questo sarebbe stato un tema della serata”, chiosa sempre più indispettita, svelando il “trappolone” della conduttrice che sorride civettuola.
Tra un finto sorriso e l’altro, l’harem si trasforma via via in un’aula di tribunale e, mentre la Parodi resta trincerata in un cauto silenzio, la Boralevi come a voler soffiare sulle fiamme dell’umore già esacerbato dell’imputata Gruber, se ne esce: “Quando si fa un mestiere pubblico, ci sono delle responsabilità. Purtroppo, anche vuoi mangiarti le unghie mentre conduci il telegiornale, non puoi farlo, invece a casa tua puoi farlo. Ci sono dei contesti in cui effettivamente il tuo ruolo, la tua professione ti richiedono un certo comportamento“.
A quel punto la diretta interessata sbotta: “A casa mia posso farlo?” e la Boralevi, che sembra cadere dal pero (o dall’albero ostico del paparazzo di cui sopra): “Ma Lilli, quella era una spiaggia…”, e la Gruber con malcelata esasperazione: “Ma quale spiaggia! Era la casa dei miei genitori in Sardegna!”.
Una causa persa per la poveretta, della quale a un certo punto (riecheggiando il commento estivo della Parodi…) viene quasi adombrata una certa “connivenza” con il putiferio mediatico alla quale è stata sottoposta, tanto da indurla a ventilare in diretta “querela nel giro di due secondi” contro chiunque la tacciasse di “complicità”. La Spaak, più zuccherosa che mai, le ricorda più volte che non esiste una legge che tuteli le sue rivendicazioni e che fin quando non ci sarà ci vuole buonsenso. La giornalista altoatesina la definisce “una visione sbagliata della questione”, minaccia “ma ne riparleremo”, e annuncia: “abbiamo querelato (paparazzi, R.C.S, direttori, ecc. ndr), staremo a vedere cosa succede”.
Il “processo a Lilli Gruber” officiato a Harem si concluse all’italiana a tarallucci e vino (“l’imputata” tornò ospite altre due volte dalla Spaak, il 14 dicembre 1996 e il 10 aprile 1999, e tra le due – almeno a detta di Catherine nacque una profonda stima). Ma come finì invece quello ai responsabili delle foto incriminate? Il Tribunale diede ragione alla giornalista condannandoli al pagamento della somma complessiva di 100 milioni di lire. Come si legge sul sito difesa dell’informazione.com, secondo il Tribunale “non è ipotizzabile una pubblicazione legittima di immagini attinenti alla vita privata di un soggetto, realizzata con una condotta che integri la fattispecie di cui all’art. 615 bis cod.pen.”. Pertanto, “costituisce violazione del diritto alla riservatezza l’utilizzo, consistente nella diffusione a mezzo stampa, di immagini attinenti alla vita privata indebitamente carpite in luogo privato con strumenti professionali”.
Quanto alla “trappola” tesa a Lilli Gruber a Harem, c’è da dire che – malgrado la tensione tangibile e il malcelato disappunto dell’allora mezzobusto del Tg1 – nessuna delle presenti in studio trascese mai: non un grido, non una parola fuori posto, non una caduta di tono. Merito anche della padrona di casa. Perfida sì, ma con stile. Anche questo era Catherine Spaak.