Femminicidi: non ci resta che il cinema (per cambiare)

C'è ancora domani

di Antonio Facchin

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Se non è la politica a farlo, niente più del cinema può “cambiare” la cultura di un paese. Con la sua capacità di emozionare impegnando vista e udito, con la sua duttilità e la sua facoltà di “parlare” a tutti, anche di ciò che è spesso tenuto nascosto. Avendo ereditato la funzione che – prima della sua invenzione – era del teatro, arte ancora troppo elitaria. Con un’autonomia che la televisione non ha. E niente più di un buon cinema può cambiare una cultura in tempi brevi e in modo radicale, soprattutto quando c’è da fronteggiare un’emergenza, come quella dei femminicidi.

Un problema e una soluzione culturali

Dei femminicidi nella sola Italia si perde il conto, visto il ritmo che il fenomeno ha ormai assunto. Un problema di natura culturale, non c’è dubbio, e tale è la soluzione. Ma tutto ciò che è “culturale” richiede impegno, lavoro, applicazione, tempo: la cultura non si concilia quasi mai con l’istantaneità. Tuttavia almeno un punto da cui partire c’è: laddove al vertice si legifera in ritardo per punire piuttosto che prevenire, un’indicazione arriva dal basso. E risiede negli oltre 2 milioni di persone (pari a 19 milioni di euro d’incasso) che, in piena libertà di scelta, si sono recati al cinema per C’è ancora domani, la pluripremiata opera prima alla regìa di Paola Cortellesi, che è riuscita a raccontare una vicenda profondamente dolorosa con tutta l’ironia possibile, rispetto, passione.

Emanuela Fanelli e Paola Cortellesi sono Marisa e Delia in C'è ancora domani
Emanuela Fanelli e Paola Cortellesi sono Marisa e Delia

Una donna per tutte

C’è ancora domani narra dunque in forma neorealista di una vicenda ancora tristemente reale: di Delia (Paola Cortellesi), madre di tre figli e moglie di Ivano (Valerio Mastandrea), marito violento. Una vicenda ambientata nella Roma del 1946 che si sta riprendendo a fatica dalla guerra. In una nazione tuttavia fresca di Liberazione, piena di speranza e prossima al suffragio universale: per la prima volta nella storia d’Italia le donne sarebbero di lì a poco state ammesse a partecipare alle elezioni amministrative.

La storia descritta però non varca i confini di un quartiere, se non di un cortile, nel quale si muovono gli altri protagonisti: Marisa (Emanuela Fanelli), l’amica con cui Delia condivide i pochi, possibili, momenti di leggerezza, e Nino (Vinicio Marchioni), che la riporta con la memoria ai sogni di un amore adolescenziale. Sarà la promessa di matrimonio della primogenita Marcella (Romana Maggiora Vergano) con un giovane benestante la scintilla che accenderà in Delia la voglia di riscatto da una condizione ritenuta per lo più ineluttabile per una donna.

Romana Maggiora Vergano è Marcella in C'è ancora domani
Romana Maggiora Vergano è Marcella

Ma la bravura della Cortellesi non sta solo nell’aver dato corpo a un personaggio a rischio di retorica senza cadervi; e nell’averlo fatto con tutta la leggerezza possibile, pur con qualche licenza poetica. Sta anche nell’aver rappresentato una vittima mai vittimista. Colpevole, a detta del vecchio e ingombrante suocero che è tenuta ad assistere, del solo fatto di “non aver ancora imparato a stare zitta” nonostante le percosse; evidentemente ancora insufficienti. E nell’aver espresso con chiarezza che la condizione di Delia era essenzialmente comune a tutte le donne, pur con qualche lieve sfumatura, indipendentemente dal loro status sociale. E infine nell’aver rappresentato il divario educativo esistente tra la figlia adolescente e i due fratelli minori; e nel non aver trascurato la rappresentazione di certe dinamiche femminili, frutto di una “cultura” ben radicata, come quella del tacito assenso.

Paola Cortellesi vincitrice al RomeFilmFest (©GettyImages)
Paola Cortellesi vincitrice al RomeFilmFest (©GettyImages)

Il trionfo al RomeFilmFest

Mai come quest’anno il cinema italiano ha premiato la regìa femminile. Ma la sola necessità dell’aggettivo dimostra quanta strada ci sia ancora da percorrere. A Micaela Ramazzotti va riconosciuto un primato: prima, in un ordine di tempo fortuito, a ricevere un premio a Venezia 80 per Felicità, il film su una famiglia italiana di cui è stata sceneggiatrice, regista e interprete. RomeFilmFest, la 18° Festa del cinema di Roma, è poi stata pregiata cornice del debutto alla regìa di quattro prime-attrici: Paola Cortellesi, Margherita Buy, Giovanna Mezzogiorno e Kasia Smutniak. Ma anche della conferma del talento di Carolina Markowicz che si è aggiudicata il premio più ambito con un film anch’esso “politico”. Ma ogni film lo è, anche quando non lo sembra. E qualche volta serve a rivelare le inerzie della politica.

L’opinione di Paola Cortellesi

Questo film è molto drammatico, ma l’unico modo in cui so raccontarlo è un registro umoristico. È sicuramente un racconto spericolato, però era l’unico modo in cui volessi farlo. Chiudere un cerchio raccontando le storie delle donne che hanno sempre sentito di non contare niente. Ambientandolo negli Anni ’40, in un preciso momento storico. Donne come mia nonna e la mia bisnonna, che hanno fatto cose incredibili pensando di non contare nulla perché così era stato insegnato loro. Volevo raccontare qualcosa di contemporaneo perché quella mentalità che pensavamo morta, con le tante conquiste ottenute, è invece ancora viva e ben radicata nel tessuto sociale del paese. In Italia c’è un femminicidio ogni 72 oreIo non ho accesso ai disegni di legge, che comunque chiederemo di fare, per educare i ragazzi nelle scuole, visto che è un problema culturaleHo accesso alle storie e l’unica cosa che potevo fare era raccontare questa storia”, ha dichiarato la Cortellesi ricevendo il premio del pubblico, il premio speciale della giuria e la menzione speciale quale miglior opera prima.

C'è ancora domani è stato girato nel quartiere Testaccio e negli studi cinematografici di Cinecittà
C’è ancora domani è stato girato nel quartiere Testaccio e negli studi cinematografici di Cinecittà

Un profondo gap scolastico e politico

La riforma scolastica del 2019 nota come Buona scuola aveva previsto interventi di prevenzione del bullismo e cyberbullismo che miravano alla formazione degli insegnanti, e all’educazione all’empatia per gli studenti. Quello che poi accadde alla scuola in pandemia annullò qualunque effetto di un’iniziativa che già nasceva da un’emergenza. Ne sorse piuttosto un’altra: quella della diffusione di messaggi d’odio sui social indirizzati a donne di spicco, come Michela Murgia. Certa politica ne cavalcò l’onda e ne stiamo ancora pagando le conseguenze. La Legge contro lo stalking del 2009 a firma Mara Carfagna divenne nel frattempo inefficace. Prima di tutto perché evidentemente non “disarma” lo stalker all’indomani della denuncia. Ma anche perché il fenomeno è diventato ingestibile per la sua deriva. Solo il brutale assassinio della giovane Giulia Cecchettin, la 105° vittima di femminicidio nell’anno in corso, ha costretto 3 ministri a sedersi a un tavolo per valutare le misure da adottare. Ma la cosiddetta cultura patriarcale, se non della premier in carica (ha assunto un risvolto politico anche la polemica sorta tra la premier e Lilli Gruber a tale proposito), è bandiera ideologica di chi la circonda. Che ventila anche l’ipotesi di “estendere” il diritto alla detenzione privata di un’arma.

Non ci resta che il cinema

C’è ancora domani è diventato dal 26 ottobre scorso campione d’incassi al botteghino ed è stato venduto in 18 paesi. Certi che piacerà ad Hollywood, se solo riusciremo a sottotitolare con fedeltà all’originale le parti in romanesco: dialetto cui la Cortellesi è ricorsa per aderenza storica ed efficacia stilistica. E confidenti che questo possa essere il giusto innesco di una rivoluzione culturale necessaria. Anzi, imprescindibile. Che, per esser tale, richiede una profonda riflessione e l’impegno degli uomini, ma anche delle donne perché – purché – funzioni.

IL TRAILER DEL FILM

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Valerio Mastandrea è Ivano (©AndreaIannone)

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