di Marco Zonetti 🖋️
Non è una Rai per #Cartabianca. Parafrasando sacrilegamente il titolo del best-seller di Cormac McCarthy, si potrebbe riassumere così la sostanza della nuova Rai di Mario Draghi. Che pare essersi infine accorto delle condizioni dell’informazione televisiva pubblica decidendo d’intervenire con incisività.
Qualche giorno fa nella sua audizione in Commissione di Vigilanza, l’Ad Rai Carlo Fuortes ha elencato una serie d’indicazioni relative alla Tv di Stato prossima ventura. Un tetragono giro di vite sui talk show, sugli opinionisti pagati, sui teatrini e le risse allestiti ad hoc per alzare lo share, sui non esperti in materia invitati a disquisire di ogni argomento dello scibile umano. A conti fatti, il sommario di tutti gli elementi che, in questi mesi, hanno suscitato una ridda di polemiche e di putiferi mediatico-istituzionali relativamente al programma di Rai3 #Cartabianca e ai suoi ospiti.
Basti ricordare le diatribe sui compensi di Andrea Scanzi ospite remunerato della trasmissione; la sua sospensione dal programma per aver saltato la fila per la vaccinazione; la sua rissa con il professore no vax Alberto Contri; il caso dell’alpinista “tuttologo” Mauro Corona prima cacciato per un commento sessista contro la conduttrice poi, per caparbio volere di quest’ultima, reintegrato contro la stessa volontà del Direttore di Rai3 Franco Di Mare; e last but not least le infinite polemiche sulle dichiarazioni estreme del docente della Luiss Alessandro Orsini e sul suo contratto rescisso per intervento di Di Mare e dallo stesso Fuortes, con tutti gli strascichi del caso.
Come sottolineato da Michele Anzaldi, immediatamente prima di presentarsi in Vigilanza Fuortes era passato da Palazzo Chigi per una visita al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, con il quale è facile intuire che abbia discusso le future prerogative della Tv pubblica in materia di approfondimento e informazione.
Quello che, assieme a Dagospia, avevamo definito il “lodo #Cartabianca” in riferimento alla risoluzione tesa a regolamentare le ospitate nei talk show attualmente bloccata in Commissione di Vigilanza e che nasceva dalle tante controversie nate nel programma della Berlinguer, si è di fatto consolidato nelle “linee guida” per la futura Rai stilate dal Ministero dello Sviluppo Economico e illustrate da Carmelo Caruso sul quotidiano La Repubblica.
Linee tese in primo luogo a “riaffermare la leadership Rai rafforzando l’offerta dei contenuti di approfondimento giornalistico”. Che per quanto concerne la Tv pubblica, secondo quanto dichiarato da Fuortes in Vigilanza, non saranno più prerogativa dei talk show, maggiormente indicati secondo il vertice Rai per affrontare argomenti leggeri.
Fra le righe, evinciamo noi, si prefigura dunque una inesorabile sentenza di morte per #Cartabianca che ormai quasi certamente non vedrà sorgere il sole della prossima stagione televisiva – tanto che per Bianca Berlinguer si stanno studiando già nuovi progetti come anticipato da TvBlog.
Ma se la nuova tv pubblica di Draghi non è una Rai per #Cartabianca, non sembrerebbe profilarsi neppure tale per il suo ospite fiore all’occhiello, ovvero Alessandro Orsini, vittima in questi giorni di una sorta di damnatio memoriae che vede una corsa generale a “disconoscerlo”.
Valerio Valentini sul Foglio fa per esempio notare come il Dis tardi a fornire al Copasir chiarimenti sulla collaborazione tra Orsini e il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, e come i dirigenti dei servizi vecchi e nuovi stiano prendendo le distanze dal docente della Luiss. Università che, dal canto suo, prima ha chiuso l’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale diretto da Orsini per poi oscurarne anche i siti internet relativi.
Senza contare il lungo articolo di Claudio Gatti sulla Stampa – falcidiato nella versione cartacea, ma consultabile integralmente online – nel quale vengono contestati al docente della Luiss i “titoli” per disquisire della materia su cui discetta in Tv, ovvero la guerra. Una teoria confutata da Salvatore Cannavò del Fatto Quotidiano, testata per la quale scrive anche Orsini, secondo il quale la disamina di Gatti si basa su accuse dei professori che “odiano” il biondo collega. Che in ogni modo non ha nulla da temere: qualora non dovesse trovare posto nella Rai prossima ventura, egli è già atteso con trepidazione laddove non si chiude la porta a nessuno. In politica, ovviamente.