“Bordata” dei francesi all’Italia nella giornata dell’annuncio trionfale da parte del Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini circa la firma del decreto che abolisce la censura cinematografica nel nostro Paese. Quest’ultimo vede la luce sulla scia della “Legge cinema” del 2016, con l’istituzione di una nuova Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche. In soldoni, si potrà vietare la visione di certi film ai minori di 18 anni, ma non più proibire l’uscita di certi film nelle sale o imporre tagli o modifiche a determinate scene.
Tutti i giornali italiani usciti con la notizia del nuovo decreto l’hanno corredata con immagini tratte da Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, sequestrato nel dicembre 1972 per le “esplicite” scene di sesso. Dando dunque a intendere – da parte dei giornalisti italiani – che la censura cinematografica in Italia si possa applicare solo in ambito sessuale. Ma a chi legge con attenzione la stampa estera non è sfuggito un articolo di Le Figaro che commenta l’abolizione della censura cinematografica in Italia. In cauda venenum, nelle ultime righe, il quotidiano francese cita le parole di Francesco Martinotti, presidente dell’Anac, secondo il quale scomparsa la censura di Stato c’è quella dei canali televisivi, e sottolinea che, per dieci anni, la visione de Il Divo, film di Paolo Sorrentino su Giulio Andreotti, è stata censurata alla Rai. Il divo, uscito nel 2008, premio della giuria al Festival di Cannes, andò in onda infatti in prima visione televisiva nel 2011, non sulla Rai ma su La7 presentato da Enrico Mentana. Per poi affacciarsi timidamente su RaiStoria o RaiMovie solo una decina di anni più tardi.
E se proprio vogliamo parlare di “censura”, ci piacerebbe tanto sapere chi sono i 49 componenti della nuova Commissione istituita dal decreto annunciato da Franceschini. Per ora si sa solo che risponderà alla Direzione Generale Cinema del ministero della Cultura e che sarà presieduta da Alessandro Pajno (presidente emerito del Consiglio di Stato). Sappiamo che i 49 di cui sopra sono stati «scelti tra esperti di comprovata professionalità e competenza nel settore cinematografico e negli aspetti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori o nella comunicazione sociale, nonché designati dalle associazioni dei genitori e dalle associazioni per la protezione degli animali».
E ancora: la Commissione resterà in carica per tre anni e sarà composta, tra gli altri, da «sociologi, pedagogisti, psicologi, studiosi, esperti di cinema (critici, studiosi o autori), educatori, magistrati, avvocati, rappresentanti delle associazioni di genitori e persino di ambientalisti». Chi siano tali esperti, tuttavia, è ancora mistero glorioso. Alla faccia della trasparenza.