Nomine Rai, Anzaldi: “Riformare l’Informazione o sarà fallimento per Draghi”

Rai Mario Draghi Marinella Soldi Michele Anzaldi
Mario Draghi (al centro), la Presidente Rai Marinella Soldi e l’Ad Carlo Fuortes

di Marco Zonetti

il corrente mese di ottobre 2021 segna la scadenza di alcune direzioni dei notiziari Rai ancora rispecchianti l’assetto gialloverde, e precisamente Tg1 (Giuseppe Carboni in quota M5s), Tg2 (Gennaro Sangiuliano, Lega), Tgr (Alessandro Casarin, Lega) e Raisport (Auro Bulbarelli, Lega).

Indiscrezioni di stampa vogliono che l’Amministratore Delegato Rai Carlo Fuortes stesse attendendo l’esito delle elezioni comunali e suppletive del 3-4 ottobre scorso per procedere alle nomine dei nuovi direttori, quando invece secondo altre “scuole di pensiero” l’attesa è per la cruciale elezione del Presidente della Repubblica prevista nel gennaio 2022.

In ogni modo, se non in questi giorni, all’inizio dell’anno nuovo la guida dei vari Tg sarà assegnata a nuove figure – o forse a quelle solite, spostate da una casella all’altra come figurine. Un’immagine cara al Segretario della Commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi (Iv), che l’ha utilizzata spesso per descrivere una consolidata dinamica di assegnazione delle poltrone a Viale Mazzini. Una dinamica che, in un intervento sul Riformista, l’On. Anzaldi stigmatizza ancora una volta e che si augura venga messa in soffitta dalla Rai targata Mario Draghi.

Secondo il Deputato di Italia Viva: “Indipendentemente dai nomi che verranno proposti, che devono essere scelti in autonomia dal vertice aziendale auspicabilmente nel pieno rispetto della professionalità, della deontologia giornalistica e del curriculum, è sconcertante che non sembri esserci alcuna novità sul piano organizzativo ed editoriale dei telegiornali. Davvero la Rai di Draghi, ovvero del presidente del Consiglio che in questi mesi ha avuto il coraggio di avviare fondamentali riforme per il Paese nell’ambito dell’attuazione del PNRR, intende su un settore vitale come l’informazione andare avanti con l’assetto del secolo scorso? Davvero l’amministratore delegato Fuortes, invece di porre le basi per eliminare la lottizzazione, intende andare avanti con una nuova carrellata di nominati come chi l’ha preceduto? Può essere questa la nuova Rai “europea” di profilo draghiano?”.

E ancora: “Otto testate giornalistiche con otto direttori e una pletora di ufficiali e sottufficiali, tra vicedirettori, capiredattori, capiservizio, etc., ha ancora un senso ed è compatibile con l’allarme sui conti lanciato in Vigilanza proprio dal nuovo amministratore delegato? Ma è mai possibile che si perpetui un modello organizzativo identico a quello della Prima Repubblica, quando i maggiori servizi pubblici europei hanno invece negli ultimi anni rivoluzionato i propri assetti per rinforzare ad esempio il proprio ruolo sull’informazione digitale e sul web?”.

Michele Anzaldi quindi illustra che: “La BBC nel Regno Unito, France Television in Francia, ZDF e ARD in Germania, TVE in Spagna hanno un unico centro produttivo ed editoriale delle news per rafforzare la qualità dei contenuti, le All News e l’informazione sul Web, dove la Rai continua a essere fanalino di coda e, quindi, sostanzialmente irrilevante. Eppure dal 1993 ha un modello in casa che ha funzionato egregiamente anche sul piano del pluralismo: la news room unica per il Giornale Radio. Perché lo stesso modello non viene adottato anche per i tg?”.

Il Segretario della Vigilanza Rai prosegue: “Negli ultimi anni (prima con l’ex Ad Gubitosi, poi con Verdelli nella sua qualità di direttore editoriale) la Rai aveva elaborato due piani di riforma delle news, perché una profonda ristrutturazione di quel comparto era stata giudicata necessaria e non rinviabile sul piano dell’efficienza, della qualità, di un pluralismo vero e del contenimento dei costi, eliminando duplicazioni di funzioni, ma soprattutto sprechi e clientele. Che fine hanno fatto quei piani? Dopo essere stati insabbiati e chiusi in un cassetto dalla Rai gialloverde di Conte e dell’amministratore delegato Salini, davvero possono essere ignorati anche dall’Ad Fuortes e dal Cda presieduto da Marinella Soldi? Si può lanciare l’allarme sui conti, sull’insostenibilità dell’attuale situazione finanziaria del servizio pubblico, e poi ignorare un piano già pronto come il Piano Newsroom di Gubitosi, approvato anche dalla commissione di Vigilanza allora presieduta dal presidente Fico, che a regime farebbe risparmiare 70 milioni di euro all’anno?”.

Poi arrivano le dolenti note sulla qualità e le condizioni dell’informazione del Servizio Pubblico. “L’inefficienza e l’inefficacia dell’attuale assetto informativo Rai è sotto gli occhi di tutti, dalle notizie censurate (vedi i presunti fondi di Chavez a M5s) alla lunga sequela di errori, dalla moltiplicazione dei costi all’assenza delle testate Rai quando c’è da dare per primi una notizia. Leggere in queste ore che il nuovo Ad e il nuovo Cda abbiano deciso di perpetuare un modello bocciato dai più importanti servizi pubblici radiotelevisivi europei desta meraviglia e sconcerto perché smentisce clamorosamente la linea di rigore e di rinnovamento perseguita dal presidente Draghi”.

Conclude quindi l’On. Anzaldi: “Spero che il vertice Rai si fermi in tempo: le nomine non possono essere staccate da un piano di riforma delle news in linea con quanto fatto dalle altre tv in Europa“.

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