Piattaforma Cultura. Anzaldi: “Rai esclusa per paura di sprechi”

piattaforma cultura Rai Anzaldi

NewCo con Cassa Depositi e Prestiti e Chili Tv

In molti hanno commentato la scelta del Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini di affidarsi a una NewCo con Cassa Depositi e Prestiti e la piattaforma privata Chili Tv per realizzare la tanto sospirata “Netflix della Cultura italiana”. Vari osservatori si sono scervellati sui motivi reconditi che possano aver addotto il Ministro a trascurare la Rai e la sua RaiPlay. Una piattaforma già avviata e nella cui offerta sono presenti numerosi contenuti culturali e che, per giunta, riceve già contributi statali. Oltre a essere l’unica azienda italiana – come sostiene il Segretario della Vigilanza Michele Anzaldi (Iv) – ad aver continuato a ricevere introiti anche durante la crisi Covid.

Ed è lo stesso Michele Anzaldi a dare una sua interpretazione condivisibile relativamente alla suddetta decisione di Dario Franceschini. Qualche tempo fa ci aveva già rilasciato un’intervista sul tema auspicando che, per il progetto in questione, il Ministro Franceschini si affidasse a Sky. Oggi, da noi interpellato al riguardo, l’On. Anzaldi torna a giudicare “comprensibile che per la Netflix della cultura il ministro Franceschini abbia preferito affidarsi alla Cassa Depositi e Prestiti e a un operatore privato“.

Il buco nero degli sprechi di Viale Mazzini

E ha argomentato: “Dare altri soldi alla Rai, con i risultati imbarazzanti che sono sotto gli occhi di tutti, avrebbe significato rischiare che questi soldi finissero nel buco nero degli sprechi di Viale Mazzini, senza avere indietro alcun servizio“.

“Piuttosto che affidarsi direttamente ad un’azienda” ha proseguito l’On. Anzaldi, “forse si poteva pensare ad un bando aperto, al quale la Rai avrebbe potuto partecipare insieme agli altri operatori del settore, ma solo con la garanzia di veder realizzato un determinato prodotto, secondo un preciso crono programma e con determinate caratteristiche. Lo stesso meccanismo che andrebbe pensato per il canone: metterlo a gara, magari anche in diversi lotti, per avere davvero un servizio pubblico degno di questo nome“.

Una distorsione chiamata Rai

“La Rai, ormai” ha poi concluso il Segretario della Commissione di Vigilanza, “ha smesso da tempo di assolvere a questo compito, forse perché avere la certezza che le risorse arrivino qualsiasi sia il prodotto che si realizza, indipendentemente da qualità e rispetto del Contratto, ha creato una distorsione incredibile“.

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