Articolo Uno, partito di cui è espressione il Ministro della Salute Roberto Speranza, è molto attivo in Rai e, in questo peculiare periodo storico, guarda con estrema preoccupazione la salute e la gestione dell’azienda. Alla luce degli ultimi accadimenti, Articolo Uno chiede alla politica di assumersi la responsabilità di procedere urgentemente alla riforma della Governance Rai prima di arrivare al rinnovo dei vertici. “Al fine di superare” ci precisano, “il sistema ereditato dal Governo Renzi. Sistema che che da Antonio Campo Dall’Orto in poi ha prodotto la peggior sudditanza del servizio pubblico alla politica e consegnato la RAI a poteri “forti” e fuori controllo dalle garanzie democratiche“.
La riforma, secondo Articolo Uno, partirebbe dalla proposta di Federico Fornaro, Capogruppo Leu alla Camera dei Deputati ed esponente della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, “ispirata al sistema duale analogo a quello che governa i migliori servizi pubblici europei come la BBC”. Pubblichiamo un comunicato ufficiale che illustra più approfonditamente la posizione della forza politica.
RAI: TROPPI ERRORI LA RIFORMA NON È PIÙ RINVIABILE
I mali della Rai hanno in gran parte origini lontane, direttamente connesse a leggi e riforme inadeguate e tutte tese a mantenere il primato della politica. Ma negli ultimi tempi ne sono venute a galla di nuove non meno gravi.
Succede così che la revoca dell’invito al presidente dell’antimafia Morra, rappresenti una forma di censura preventiva, mentre la messa in onda del tutorial per come atteggiarsi tra gli scaffali del supermercato, vada in onda tranquillamente: scatenando entrambe un putiferio.
Se potessimo riavvolgere il nastro per scongiurare le polemiche, e dessimo il via libera a Morra, con tutte le opportune cautele, e bloccassimo invece gli stucchevoli suggerimenti per essere sexy al supermercato, non staremmo qui a parlarne.
Pazienza se il tutorial di Detto Fatto fosse stato in chiave più chiaramente ironica e avesse riguardato specularmente, anche l’atteggiamento dei maschietti, forse sì che poteva apparire come un (inutile) ma ancora passabile siparietto.
Purtroppo però l’attenzione di chi doveva controllare è stata solerte su un tema politico e quindi insidioso, ma inesistente su un programma, apparentemente innocuo, di intrattenimento. Così per Detto Fatto siamo sicuri che nessuno abbia controllato, per Morra invece al contrario il controllo è stato fin troppo stretto e asfissiante.
Ma c’è di più perché il giorno dopo è stata mandata in onda una replica di quello stesso programma, la cui fine era stata annunciata poche ore prima dall’ad Salini, con una imperdibile sfilata di modelle in lingerie, di una stilista di intimo. Difficile escludere che si possa essere trattato di una “marchetta”.
Ennesima prova del fatto che ormai si va a ruota libera e che è saltata ogni più elementare regola.
Se qualcuno prendesse tutto ciò sottogamba sbaglierebbe, perché è di questo intramontabile e ottuso maschilismo che si nutre l’ostilità, talvolta feroce, verso le donne.
Si è trattato comunque di errori imperdonabili. Come imperdonabile è la consuetudine di nominare dirigenti senza giustificarne i motivi, come il Tar del Lazio (ma anche il buon senso e la trasparenza) ha deciso che non debba più succedere.
Viene da chiedersi cosa facciano i tanti dirigenti di Raidue appena nominati o riconfermati: nessuno potrà giustificare le scelte operate dall’Ad, sotto dettatura di alcuni partiti. Competenze e senso di responsabilità sono criteri fuori corso e lontani da qualunque criterio di valutazione.
A chiudere il cerchio purtroppo c’è anche lo strapotere di chi detiene i format, a cui si affida tutto, dalla scelta dei temi a quella degli ospiti, (di cui spesso sono agenti) alla semplice interpretazione del buon senso.
Urge che la buona politica approfitti di questa crisi del paese e della Rai, per varare in tempi rapidi una riforma radicale dell’azienda, prendendo in considerazione il progetto di Liberi e Uguali di Federico Fornaro che contempla un moderno e più trasparente sistema duale.
Ne ha bisogno il servizio pubblico ne hanno bisogno gli italiani.
Roma, 26 novembre 2020