Rai di Draghi sempre più alla deriva: è la Waterloo per “Napoleone” Fuortes?

Ad Rai Carlo Fuortes
Carlo Fuortes, Amministratore Delegato della Rai

di Marco Zonetti 🖋️

Nel luglio 2021 giungeva il tanto atteso epilogo dell’amministrazione giallo-verde della Rai. La gestione dell’Ad Fabrizio Salini (M5s) e del Presidente Marcello Foa (Lega), insomma, che aveva resistito al susseguirsi di ben tre governi di diverso colore e a diverse minacce di scioglimento anticipato dal CdA, miracolato dall’avvento del Covid che aveva gettato una sorta d’incantesimo della Bella Addormentata su Viale Mazzini congelando ogni azione drastica.

Improvvisamente l’estate scorsa, dunque, arrivava alla guida della Tv pubblica il Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma Carlo Fuortes – che avrebbe mantenuto il doppio incarico per molti mesi a venire – dando così inizio all’era della “Rai di Mario Draghi”. Grandi speranze erano riposte nei confronti di colui che era visto soprattutto come un “risanatore di conti”, e Dio sapeva quanto la Tv di Stato in profondo rosso ne avesse un disperato bisogno.

Dodici mesi più tardi, come traccia spietata l’analisi di Daniele Martini sul quotidiano Domani, il primo anno di Fuortes a Viale Mazzini si chiude fra note dolenti; e non solo: “per lui il peggio deve ancora arrivare perché si allontana l’obiettivo di messa in sicurezza dei conti dell’azienda ribadito in Parlamento anche dal ministro Giorgetti”. Le cifre pubblicate dal Domani non lasciano spazio a dubbi: “L’indebitamento sale a 625 milioni di euro, 100 in più in due anni. Previsioni negative per gli incassi del canone che per effetto di una sentenza europea non può più essere riscosso in automatico con la bolletta della luce”.

Per giunta “scendono anche i ricavi pubblicitari da 681 a 644 milioni di euro e su di essi pesa l’ulteriore restrizione dell’affollamento pubblicitario mentre è mezza persa l’occasione del mondiale di calcio”.

Come documentato per mesi e mesi da VigilanzaTv, Fuortes, soprannominato “Napoleone” nei corridoi di Viale Mazzini, è riuscito nella non facilissima impresa d’inimicarsi tutte le sigle sindacali che di recente – e per ben due volte in pochi giorni – sono tornate alla carica contro di lui; è riuscito a scatenare un ciclopico putiferio politico-istituzionale finito poi “a tarallucci e vino” quando è stato costretto a ricollocare alla guida del Tg3 Mario Orfeo che, pochi giorni prima, aveva defenestrato dalla Direzione Approfondimento per “cessazione del rapporto fiduciario”; è riuscito a tirarsi dietro gli strali di tutta la maggioranza che sostiene il suo dante causa Mario Draghi, tanto che il Segretario della Vigilanza Michele Anzaldi durante l’ultima audizione dell’Ad Rai in commissione ha sottolineato come non si fosse mai visto un Ad così bersagliato dai partiti che in teoria dovrebbero appoggiarlo.

Le problematiche dell’attuale gestione della Tv di Stato sono state di fatto riassunte dall’On. Anzaldi durante l’audizione del Ministro Giancarlo Giorgetti in Vigilanza qualche giorno fa. Il Deputato di Italia Viva ha ribadito come la stessa commissione (ovvero il Parlamento) e il Governo rappresentato dal Ministro dello Sviluppo Economico siano sostanzialmente d’accordo su come dovrebbe essere la Tv di Stato. Per poi sottolineare che, invece, la Rai da tantissimo tempo sta andando nella direzione opposta, e ironizzare: “Spero che l’Ad e il CdA non stiano seguendo l’audizione perché altrimenti si dovrebbero dimettere tutti o cambiare lavoro”.

A quel punto il Segretario della Vigilanza ha evidenziato come vi sia, da parte di Viale Mazzini, scarsa trasparenza; come – invece di muoversi nell’ottica della razionalizzazione delle spese – le direzioni aumentino esponenzialmente; come vi sia esigua attenzione alla Cultura nel momento in cui nessun canale Rai si premuri di omaggiare la morte di uno scrittore come Raffaele La Capria trasmettendo il film da lui sceneggiato, Le mani sulla città, la cui tematica è a tutt’oggi attualissima. E ancora: come il pluralismo nei programmi di approfondimento non sia minimamente garantito vista la costante presenza degli stessi ospiti fissi, pagati o non pagati, e l’assenza di rotazione fra opinionisti e testate. Quanto allo Sport Rai, come non citare la recente brusca interruzione dell’oro alla nuotatrice Benedetta Pilato, che tanto ricordava quelle durante le Olimpiadi di Tokyo?

In ultima analisi, Michele Anzaldi ha detto chiaro e tondo che la Rai pensa più ad accontentare gli sponsor aiznché i cittadini che pagano il canone, e ha ricordato per l’appunto le recenti proteste di tutte le sigle sindacali esacerbate dalle dichiarazioni dell’Ad Fuortes, secondo cui l’ultimo sciopero “non ha causato grossi danni”. Dimenticando che in tale occasione la Tv pubblica non ha potuto trasmettere un programma di approfondimento sui ballottaggi delle amministrative, facendosi superare in servizio pubblico, nonché in ascolti, da reti commerciali come La7 e Rete4. Che però, a differenza della Rai, non sono pagate dal canone.

E che dire dei palinsesti televisivi prossimi venturi nei quali spopolano ancora agenti e agenzie di spettacolo malgrado l’esistenza di una policy che dovrebbe impedirne lo strapotere? Palinsesti che hanno suscitato il voto contrario del Consigliere di Amministrazione Rai in quota Dipendenti Riccardo Laganà, fin dall’inizio in rotta di collisione con la linea di Fuortes. Per giunta, da settembre, si vedrà se nei talk show Rai arriveranno cambiamenti significativi per quanto riguarda ospiti e opinionisti, o se permarrà la linea “berlingueriana” con l’imperversare dei soliti Orsini, Corona, Scanzi etc. e l’egemonia del Fatto Quotidiano.

Frattanto, la Risoluzione della Commissione di Vigilanza che avrebbe dovuto garantire rotazione e pluralismo nei talk è stata messa in freezer dallo stesso promotore, ovvero il Presidente Alberto Barachini, e Michele Anzaldi si appresta a ripresentare il documento a suo nome se dovesse arrivare lo stop definitivo. E tuttavia #Cartabianca, che Fuortes aveva dato a intendere di voler chiudere, dichiarando in Vigilanza che il genere talk show poteva essere solo d’intrattenimento e non di approfondimento, riprenderà a settembre come se niente fosse. Anche il fatto di essersi rimangiato tali propositi espressi di fronte al Parlamento non è stato perdonato all’Ad Rai.

Esposto a un fuoco di fila di rimostranze interne ed esterne, all’orizzonte si profila forse un’imminente Waterloo per “Napoleone” Fuortes? Intanto al momento, tra una replica e l’altra, la Rai con tutte le sue ambasce è di fatto “in ferie”, a differenza del canone per il quale non esiste vacanza. A decretare ancora una volta che qualsiasi sconfitta si dipani a Viale Mazzini, in ultima analisi la Waterloo è sempre per i contribuenti.