Rai e Teatro: dalla catarsi all’eclissi

Monica Guerritore

Sabato sera la Terza rete Rai tornerà a trattare di teatro in televisione con Ricomincio da RaiTre dopo una lunga eclissi. Quattro prime serate con Andrea Delogu, Stefano Massini e Paolo Jannacci, che saranno gli “addetti ai lavori” incaricati di portare all’attenzione del grande pubblico le conseguenze della recente lunga chiusura dei teatri. E il dramma (per ironia della sorte tant’è, e ne abbiamo già trattato qui ) dell’intero indotto dello spettacolo, che generalmente non gode delle luci della ribalta. Indotto molto importante anche solo considerando che uno spettacolo di successo può avere innumerevoli repliche, come sottolineato dai conduttori nella recente anteprima di Ricomincio da RaiTre a Che tempo che fa.

Monica Guerritore paladina del ritorno del teatro in televisione

Monica Guerritore Teatro Rai

Ma il merito assoluto di aver sollevato il problema va a Monica Guerritore che, dopo aver scritto sulla necessità di riportare il teatro in tv a orari fruibili all’Amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini e al premier Giuseppe Conte, ha trovato nel Ministro per i beni e le attività culturali Dario Franceschini un interlocutore, e in Michele Anzaldi, Segretario della commissione di vigilanza Rai in Parlamento, un più che valido sostenitore.

Sabato si tornerà dunque a parlare di teatro in tv dopo ben 43 anni. Da quando Dario Fo incorse nelle ire del Vaticano. Nonostante la Rai delle origini dedicasse al teatro – e per un lungo periodo – ogni venerdì sera.

Il teatro in tv: la prosa del venerdì

Con l’obiettivo programmatico di divulgare le grandi opere classiche, il teatro “debuttò” in tv il 29 gennaio 1954 dando origine a un vero e proprio ciclo (quando la televisione assolveva alla sua funzione principe di “servizio pubblico” alfabetizzando il Paese) con la «prosa del venerdì», come ricordato dal critico televisivo Aldo Grasso in Storia critica della televisione italiana. A William Shakespeare e Giorgio Albertazzi l’onore degli esordi, con un Romeo e Giulietta diretto da Franco Enriquez.

Nomi che ricorreranno con regolare frequenza nella storia di un filone televisivo che ha trasposto sul piccolo schermo la rappresentazione teatrale tout-court. O che ha “ridotto” per la tv, come si suol dire in termini tecnici, i suoi testi originali. Ogni opera ha avuto dunque, da allora in poi, più di un’interpretazione testuale, già a partire dal dramma della gelosia ambientato a Verona, che è ritornato “in scena” per la televisione a cinque anni di distanza, secondo un esplicito progetto di “democratizzazione”; o quanto meno quello di portare il teatro fuori dalle sue mura.

Un grande teatro rivolto al grande pubblico

Ma nello stesso tempo si sperimentava anche la riduzione teatrale – per la tv – di testi narrativi. Come nel caso di Delitto e Castigo, capolavoro di Dostoevskij, che Albertazzi e Enriquez (ancora una volta il primo sul palco, l’altro alla regia) misero in scena per il piccolo schermo il 4 marzo, ben prima che lo stesso testo fosse riproposto in formula sceneggiata – evidentemente più congeniale a un originale narrativo –  nel 1963. Il successo fu comunque tale da convincere che la televisione potesse diventare “un grande Teatro nazionale rivolto al grande pubblico”.

Una lunga serie di successi e capolavori

A ciò seguì una lunga carrellata di successi legati a capolavori teatrali: a partire da un Amleto tradotto da Luigi Squarzina, diretto e incarnato da Vittorio Gassman nel 1955, di cui la versione “contaminata” per la regia teatrale e televisiva di Carmelo Bene nel 1978 fu solo una delle sue tante riproposte.

La Medea di Euripide fu la prima tragedia greca recitata per la tv nel 1957, poi riproposta nel 1965. Nel 1987 ebbe la voce e il volto di Mariangela Melato. Con La bisbetica domata venerdì 3 ottobre 1958 la prosa divenne un ciclo che assurse a “grande produzione”, come raccontato da Grasso. Al punto da portare in scena, a cadenza mensile, il teatro greco classico. In quell’anno infatti la Rai propose l’Antigone di Sofocle, “classico del mese”, per poi riproporlo, questa volta sul secondo canale televisivo, nel 1971.

1960: l’anno d’oro del teatro in tv

Nel 1960 la Rai rese omaggio al grande teatro francese con l’Andromaca di Jean Racine, trasmessa per la prima volta venerdì 3 giugno, e Il malato immaginario di Molière il 2 dicembre. Ma nello stesso anno andò in scena anche Macbeth, che verrà riproposto sul secondo canale a distanza di ben 15 anni. E il classico di Euripide Le Troiane, “la tragedia della guerra, vissuta attraverso i risvolti dell’animo femminile” che, come ricorda la Storia critica della televisione italiana di Aldo Grasso, aprì il terzo ciclo di Grandi produzioni di prosa tv che contemplava anche opere più “recenti” come il Candeliere del francese De Musset e la Giuditta del tedesco Hebbel.

Fino alla Candida di Shaw, i Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, e la Pazza di Chaillot di Giraudoux. E il 1960 fu probabilmente l’anno d’oro del teatro in tv se vedeva addirittura i natali della rassegna «Teatro in dialetto»: un’antologia del panorama drammaturgico vernacolare, con la rappresentazione di opere in dialetto.

Shakespeare, Alfieri, Eschilo

Antonio e Cleopatra, quinto e ultimo capolavoro shakesperiano ad andare in scena, ebbe ben tre riduzioni per la tv a partire da quella del 1961. Anche Agamennone, tragedia di Vittorio Alfieri ispirata all’originale di Eschilo, fu trasposta per la tv, in onda il 6 agosto 1965 sul secondo canale; a solo due settimane di distanza il canale “Nazionale” propose in diretta dal Teatro greco di Siracusa l’Andromaca di Eschilo. Drammaturgo che tornò in scena, in diretta dal Teatro Olimpico di Vicenza, con I persiani mercoledì 14 giugno 1967. Tragedia che sarà “rivisitata” da Vittorio Cottafavi nel 1975.

La commedia dell’arte in televisione

Anche la commedia dell’arte, un’eccellenza teatrale italiana, ha trovato spazio nella televisione delle origini. Grazie a Anton Giulio Majano, un regista noto per le innumerevoli direzioni di trasposizioni di opere narrative, che nel 1958 mise in scena un “teatrale” Capitan Fracassa di Théophile Gautier, con tanto di strizzatina d’occhio al metateatro, cioè al teatro che svela sé stesso allo spettatore. Ma la commedia che più ha rappresentato il genere in tv è stata La locandiera di Carlo Goldoni, andata in onda nel 1960 e riproposta con la regia di Franco Enriquez nel 1966.

Il teatro di Eduardo

Una menzione speciale merita Eduardo de Filippo. In primis perché è stato fulgido esempio di drammaturgo, regista e attore contemporaneo. Poi perché la città di Napoli deve il suo centro di produzione televisiva al suo straordinario successo. Col suo esordio (30 dicembre del 1955) in Miseria e nobiltà, commedia scritta da Eduardo Scarpetta ma che il de Filippo interpretò e diresse, inaugurò il suo processo di diffusione su scala nazionale del teatro partenopeo, incarnando il trait d’union culturale tra nord e sud. Processo che raggiunse il suo culmine col ciclo Il teatro di Eduardo e il successo di Filumena Marturano trasmessa nel 1962 nella versione “da studio”.

Dramma che fece poi il giro del mondo nella fortunata trasposizione televisiva del 1964: Matrimonio all’italiana, interpretato da Sophia Loren (l’abbiamo ricordata qui ) e Marcello Mastroianni diretti da Vittorio de Sica. Senza dimenticare, tra i tanti successi di Eduardo, le due trasposizioni televisive di Natale in casa Cupiello del 1962 (ancora in bianco e nero) e del 1977.

Teatro, potere e censura

E se al trio Albertazzi-Shakespeare-Enriquez spettano gli onori degli esordi del teatro in tv, a Dario Fo l’onere della sua condanna. Il teatro nella sua storia ha sempre fatto i conti con i suoi censori a causa dell’effetto di emulazione sul pubblico, sul popolo. Inviso al potere (quando non riusciva a piegarlo alla sua propaganda) il teatro non ha impegnato, per fare un autorevole esempio, Shakespeare solo nel quadruplice ruolo di scrittore, attore, regista e “impresario”. Ma anche nel difendersi dai continui attacchi dei puritani. Fortuna ha voluto che sugli spalti del suo Globe Theatre sedesse talvolta anche la regina Elisabetta I.

Politica e anticonformismo

Dario Fo nel 1977 ripropose sul secondo canale alcuni testi messi in scena con la sua compagnia tra il 1963 e il 1969 nella Palazzina Liberty dell’antico Verziere di Milano. A chiusura di un lungo “esilio forzato” iniziato con una contestata Canzonissima, che Fo presentava nel 1962 in coppia con la compagna di vita e lavoro Franca Rame. Il Vaticano, nelle vesti del cardinal Ugo Poletti, intervenne contro Mistero Buffo già a partire dalla sua prima messa in onda.

Dopo Settimo: ruba un po’ meno, Isabella, tre caravelle e un cacciaballe, Parliamo di donne, a ricordare solo alcuni dei titoli rappresentati, il ciclo si chiuse come si era aperto: con Mistero Buffo. A portare in tv un teatro “carico di passione politica e di anticonformismo, ricco di satira, dalla struttura vicina a un canovaccio a alla «comica» popolare”; a esaltare lo straordinario talento dell’autore e attore, facendo nostre le parole di Aldo Grasso. Ma da allora il teatro in Rai è stato, per usare un eufemismo, accantonato. Per ben 43 anni.

Il teatro, dalla catarsi all’eclissi

Nel frattempo tutto è cambiato, già a partire dalla fruizione del teatro fuori dai luoghi canonici: ormai tutti abbiamo il nostro “teatro” preferito in dvd, o a portata di click in streaming (come su RaiPlay), oppure on demand, sulle ormai diffuse piattaforme televisive a pagamento. Ma nulla potrà mai cambiarne l’essenza: suscitare emozioni e “purificare” gli animi grazie alla rappresentazione della sublimità. Ma anche dell’orrore umano. Quello che in termini moderni chiamiamo tabù. Nessun’altra manifestazione artistica ha mai saputo raccontare meglio del teatro i paradossi dell’umana esistenza, sia che l’abbia fatto in versi, o in prosa.

Sublimità e mediocrità

Tuttavia il teatro, soppiantato in tv da altri generi più “facili”, sembra essere stato inghiottito anche dal proliferare dei canali televisivi, e dal continuo divenire della loro funzione. Fenomeno per il quale non risulta chiaro se l’arte sia stata trasferita su alcuni canali a tema, ad uso dei cultori, o se vi sia stata piuttosto relegata. Chiaro è, però, che la televisione generalista attuale è ben lontana dal portare in scena esempi di sublimità. È piuttosto il crocevia della mediocrità. Quanto ai tabù, la loro trattazione è oggi appannaggio della psicanalisi. Insomma, di teatro – e di più arte sui principali canali televisivi generalisti, a orari decenti – v’è urgente bisogno.

Antonio Facchin

Fonti

Aldo Grasso, Storia critica della televisione italiana (1954-1979) © il Saggiatore S.r.l., Milano 2019

Archivio Luce, Mariangela Melato in Medea

RaiPlay, il teatro di Eduardo

Wikipedia, Natale in casa Cupiello

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