Rai: fioriscono gli show flop che accontentano politici, agenti, amici

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In Rai proliferano i programmi che nascono e muoiono nello spazio di poche settimane. Realizzati senza la minima progettualità e solo a scopo di favori personali

Negli ultimi tempi osservare i dati di ascolto dei programmi Rai (che, lo ricordiamo, paghiamo di tasca nostra anche se non accendiamo la televisione) equivale alla lettura di un elenco di caduti in guerra. Trasmissioni che nascono e muoiono nello spazio di due-tre settimane, condannate da share e audience ridotti al lumicino. O progetti sviluppati per poche puntate, senza la minima parvenza di un investimento futuro. E che danno l’idea di essere stati pensati e realizzati solo ed esclusivamente a scopo di favore personale a qualcuno, spesso non meglio identificato. O identificato fin troppo bene.

“I dirigenti Rai giocano con le figurine”

Ci torna in mente un’intervista al Segretario della Commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi. Intervista nella quale il Deputato di Italia Viva si domandava: “Che senso ha puntare su alcune persone, farle crescere per un anno con trasmissioni quotidiane, e poi metterle in uno sgabuzzino, magari per assumere altri esterni che faranno la stessa fine? […] Non è uno spreco di denaro anche questo? C’è una logica aziendale o politica dietro queste scelte?”.

Quindi l’On. Anzaldi chiosava: “L’impressione è che i dirigenti giochino come con le figurine, dando soddisfazione di volta in volta a questo o quel politico, a questo o quell’agente, tanto pagano gli italiani”.

Fuochi fatui

Da qualche tempo a questa parte, più che trasmissioni televisive, i nuovi progetti Rai sembrano fuochi fatui che brillano di luce effimera per poi spegnersi inesorabilmente. Per via di ascolti esangui dovuti alla totale mancanza di un’idea portante o perché già studiati per avere un’obsolescenza programmata come vetrine per il protetto o la protetta di turno. Spesso, come i programmi stessi, destinati a brillare per un solo istante prima di passare il testimone a nuovi miracolati con appoggi più solidi alle spalle. Magari togliendo fondi a trasmissioni e a professionisti ben più meritevoli che assolvono egregiamente al ruolo di servizio pubblico. Tanto, come dice l’On. Anzaldi, pagano gli italiani.