Rai, il pasticciaccio brutto della nuova sede di Milano. Anzaldi (Iv) scopre “l’inghippo”

Rai Portello Milano

Continua a far discutere il blitz del Consiglio di Amministrazione Rai in scadenza e la decisione di creare una “Saxa Rubra” milanese spostando il centro di produzione da Via Mecenate nella nuova sede nel polo di Portello della Fiera di Milano, un’operazione sulle cui controversie politiche avevamo già parlato qui.

Oltre alle polemiche scaturite dalla decisione in extremis e dal colpo di coda di un CdA in imminente dipartita da Viale Mazzini, con un’interrogazione del Senatore Maurizio Gasparri (Forza Italia) e prese di posizione contrarie all’operazione da parte del Governatore del Lazio Nicola Zingaretti e della sindaca romana Virginia Raggi (e conseguenti risposte piccate da parte del sindaco milanese Beppe Sala e della vicepresidente della giunta lombarda Letizia Moratti, che invece difendono la decisione del CdA Rai), ecco che si palesa un “inghippo” scoperto a suo tempo dal Segretario della Commissione di Vigilanza Michele Anzaldi.

Fu proprio il Deputato di Italia Viva, nel 2017, a denunciare infatti i “faraonici” lavori di ristrutturazione milionaria del gigantesco studio televisivo di Milano che ospita il programma Che tempo che fa condotto da Fabio Fazio. Uno studio sito in una sede, quella di Via Mecenate “peraltro in affitto e non di proprietà”. A questo punto è lecito porsi un interrogativo: a cosa è servito spendere quasi due milioni di euro per rimodernare una struttura che ora, con il passaggio in un’altra sede, dovrebbe essere abbandonata, e per giunta anzitempo rispetto alla scadenza del contratto di affitto? Chi pagherà per questo immane spreco di denaro pubblico?

Oltretutto, come ricostruisce Lorenzo De Cicco sul Messaggero, l’operazione varata dal CdA sarebbe in perdita fino al 2029 con un costo di 152 milioni di euro fino al 2052, ovvero cinque milioni di affitto l’anno. Una gravosa eredità che potrebbe seriamente incidere sul futuro dell’azienda già in profondo rosso. Tanto più gravosa perché lasciata da un Consiglio di Amministrazione sfiduciato nonché, seppur aggrappato con le unghie e con i denti alla poltrona come se fosse l’ultimo treno per fuggire da una città in fiamme, prossimo all’uscita da Viale Mazzini. Oltre il danno, la proverbiale beffa.

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