di Marco Zonetti
Nella puntata di lunedì 19 settembre 2022 della sua striscia Il cavallo e la torre in onda su Rai3 in access prime time, Marco Damilano ha avuto ospite il filosofo e politologo francese Bernard-Henri Lévy, che ha letteralmente sparato a pallettoni su Matteo Salvini definendolo “patetico” e “ridicolo”. Ma non ha risparmiato strali anche contro Silvio Berlusconi, per aver definito il “criminale” Putin un “umanista” illuminato. Lévy ha citato la Storia francese chiamando in causa la vicenda del maresciallo Pétain e ha paventato recrudescenze fasciste in Italia, senza però citare Giorgia Meloni che ha detto di “non conoscere”. Il filosofo ha altresì deplorato l’elettorato quando compie scelte a suo dire errate, e all’obiezione di Damilano, secondo cui le scelte dei cittadini sono legittime, Lévy ha risposto seccamente che “non è vero, in quel caso gli elettori non sono legittimati”.
La Lega, come c’era da aspettarsi, è partita all’attacco. “A dir poco vergognosa la puntata de Il Cavallo e la Torre andata in onda ieri sera su Rai3″ ha tuonato Alessandro Morelli, responsabile editoria della Lega. “L’ospite di Damilano, il filosofo francese, Bernard-Henri Lévy ha definito Salvini ‘patetico’, arrivando a paragonare il centrodestra al fascismo e al maresciallo Petain. Tutto questo senza contraddittorio, in barba a qualsiasi legge sulla par condicio e criterio di servizio pubblico. Da noi era tutto previsto e, come chiarito dallo stesso Fuortes in un incontro, deve essere l’Amministratore Delegato a assumersene le responsabilità”. E ancora: “Tra fili rossi e cachet da oltre 200mila euro a giornalisti esterni, purché schierati contro la Lega, la Rai è diventata Tele Frattocchie: un danno all’immagine dell’azienda pubblica per cui è giunto il momento che Fuortes si assuma le sue responsabilità, chiuda trasmissioni volutamente di parte di cui è responsabile e si dimetta. Ci auguriamo che gli alleati condividano la nostra battaglia per una Tv di stato più efficiente, imparziale e al vero servizio dei cittadini“.
Gli ha fatto eco il Vicesegretario e Deputato della Lega Andrea Crippa: “Insulti, nessun confronto, dieci minuti di invettiva verso Salvini, la Lega e il centrodestra, pagata con i contributi di tutti gli italiani: la Rai, con la puntata di ieri del programma di Damilano, ha stracciato ogni forma di equilibrio. Una tirata velenosa per gettare fango, inaccettabile da parte di una azienda del servizio pubblico. La Tv di Stato deve essere altro, efficiente, pluralista, rispettosa. Non quella che abbiamo dovuto vedere ieri“.
Ora si tratta di vedere se Giorgia Meloni, mai chiamata in causa da Levy, sceglierà di spalleggiare la Lega in questa crociata o se deciderà diplomaticamente (e strategicamente) di restarne fuori.
Frattanto, ha preso posizione al riguardo il Presidente della Commissione di Vigilanza Rai, il Senatore Alberto Barachini (Forza Italia): “Quanto accaduto ieri sera nel corso della trasmissione di Rai 3 Il Cavallo e la torre rappresenta una palese, plurima violazione della normativa sulla par condicio, in spregio dei basilari principi di pluralismo, imparzialità ed equilibrio che devono orientare il servizio pubblico”.
E ancora: “L’ospite internazionale, estraneo alla competizione elettorale ha infatti svolto un lungo e violento monologo diretto ad alcuni soggetti politici senza contraddittorio e ha rivolto un grave attacco contro la democrazia italiana, rappresentata come un Paese esposto a derive autoritarie e anticostituzionali. Il conduttore, un giornalista esterno all’Azienda, non solo è stato incapace di arginare la violenza verbale del suo ospite in piena par condicio e di riequilibrare l’evidente faziosità dello stesso, ma ha contribuito alla distorsione del dibattito con la sua premessa e con domande tendenziose. La vicenda è tanto più preoccupante in quanto avvenuta nel servizio pubblico, a pochi giorni dal voto, in apparente totale assenza di controllo editoriale“.
Critiche al programma di Damilano sono arrivate anche dal più potente sindacato della Tv pubblica, da sempre in contrasto con la scelta dei vertici Rai di affidare la striscia al giornalista. Secondo l’Usigrai si è trattato di “Una puntata a senso unico, con un contraddittorio debolissimo, il tutto a una settimana dalle elezioni. L’Usigrai ritiene che il pluralismo nel Servizio Pubblico debba applicarsi anche alle trasmissioni di rete come Il Cavallo e la Torre. E pensare che il conduttore – scelto all’esterno dell’azienda nonostante si potesse contare fra quasi 2000 profili interni – era stato presentato dall’Ad Carlo Fuortes come ‘il giornalista più adeguato’ per ‘informare, intrattenere, fornire strumenti conoscitivi, restando fedeli al sistema di valori aperto e pluralista che il nostro Paese e l’Europa hanno saputo sviluppare in questi decenni. Ci chiediamo dove fosse il valore del pluralismo nella puntata di ieri“.