Rai, nei talk opinioni o sceneggiate a discapito dell’informazione?

Alessandro Orsini contratto #Cartabianca
Il professor Alessandro Orsini a #Cartabianca su Rai3

di Marco Zonetti 🖋️

Mentre infuria la crisi in Ucraina e la Terza Guerra Mondiale bussa alla porta, l’Italia è ancora profondamente lacerata dal caso di Alessandro Orsini, docente di Sociologia del Terrorismo Internazionale ritenuto filoputiniano, reclutato da Bianca Berlinguer nel suo talk show #Cartabianca a 2.000 euro a puntata per sei puntate, e finito sotto la mannaia del Direttore di Rai3 (ancora per poco) Franco Di Mare e dell’Ad Rai Carlo Fuortes, che gli hanno rescisso il contratto.

La scoperta – il segreto di Pulcinella – che nei talk show gli opinionisti fossero chiamati a pagamento, nel caso dei talk Rai a spese nostre, ha esacerbato ulteriormente il dibattito dando vita all’ennesima divisione tra chi è d’accordo a retribuirli e chi no.

Nelle file dei contrari alla contrattualizzazione degli opinionisti c’è da tempo il Segretario della Commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi, il quale fu il primo a sollevare la questione ai tempi della defenestrazione di Mauro Corona da #Cartabianca (ancora una volta) dopo che l’alpinista aveva dato in diretta della “gallina” a Bianca Berlinguer. Il Direttore Di Mare lo cacciò dal programma sulla scia di una polemica istituzionale che vedeva in prima linea la Capogruppo del Pd in Vigilanza Rai Valeria Fedeli tuonare: “Uno spettacolo indegno del servizio pubblico. Un profluvio di insulti attacchi sessisti contro Bianca Berlinguer da un personaggio che non si capisce perché la Rai abbia deciso di trasformare in ospite fisso e anche ben retribuito“. Il tutto mentre la conduttrice – ancorché vittima degli “attacchi sessisti” – per amore di ascolti (sempre e comunque esangui, con Corona o senza, ma tant’è) sconfessava Di Mare e si batteva strenuamente per riavere l’alpinista in trasmissione, riuscendovi in ultima analisi.

L’alpinista Corona chiamato a discettare di geopolitica e ancor prima di immunologia è un opinionista pagato dalla Rai, così come lo è Andrea Scanzi, firma del Fatto Quotidiano sotto contratto sempre dalla Berlinguer e pagato dalla Tv di Stato, come scoprì da una risposta di quest’ultima lo stesso On. Anzaldi tramite un’interrogazione parlamentare.

Poiché a #Cartabianca Scanzi attaccava pedissequamente Matteo Renzi, ci si trovava dunque di fronte a un giornalista pagato dalla Tv pubblica per mettere alla gogna un leader di partito? E gli interventi di Scanzi dovevano essere conteggiati come spazi al M5s, visto che il giornalista aveva finanche affiancato Giuseppe Conte al comizio di Montevarchi nella campagna elettorale per le Amministrative dell’ottobre 2021? Era questo il senso della presa di posizione del Segretario della Commissione di Vigilanza.

Gli economisti Riccardo Puglisi Tommaso Anastasia avevano inoltre compilato una sorta di classifica delle testate più rappresentate e degli opinionisti più frequenti in certi talk arrivando a sottolineare per esempio che Il Fatto Quotidiano e Marco Travaglio regnavano sovrani da Lilli Gruberma anche a #Cartabiancacon Il Fatto giornale più rappresentato (malgrado la Berlinguer lo abbia smentito in una recente intervista alla Stampa) e Scanzi presenza più assidua nel programma di Rai3.

Michele Anzaldi, che all’epoca parlò di Rai allo sbando e di Rai3 filiale del Fatto Quotidiano, in questi giorni ha nuovamente sollevato la questione sul “mercato degli opinionisti”, focalizzandosi ovviamente su quelli invitati dalla Rai. Ben prima dello scoppio del caso Orsini, e già nell’autunno 2020 l’On. Anzaldi chiedeva dunque alla Tv di Stato di dare il buon esempio e di abbandonare l’abitudine di dar voce sempre ai soliti ospiti fissi pagati, in un “circolo vizioso di giornalisti, direttori di giornale, notisti e così via che fanno il tour delle diverse trasmissioni politiche, per giunta contrattualizzati dai vari canali. Mettendo in seria discussione l’obiettività a tutto discapito del dibattito politico pubblico, già compromesso gravemente“. Con l’ulteriore peculiarità che molti di loro sono anche seguiti da agenzie come se fossero divi televisivi.

Nel caso in cui la Rai non avesse voluto rinunciare ai “soliti noti” di cui sopra, Michele Anzaldi invitava già nel 2020 l’azienda a renderne pubblici i compensi “affinché i telespettatori sappiano che non si tratta di opinionisti e commentatori ma di autori della redazione retribuiti“. Come in questi giorni ha auspicato anche Sebastiano Messina.

Ora che è scoppiato il caso Orsini e la dinamica degli opinionisti retribuiti per dare i propri pareri nei talk show televisivi è di dominio pubblico, resta la questione più cruciale sollevata anche dal critico televisivo Aldo Grasso: se i programmi di approfondimento reclutano i propri ospiti per risollevare l’audience, quindi spesso non per le loro competenze ma soltanto perché più in grado rispetto ad altri di alzare i toni del dibattito, talvolta fomentando autentiche risse a tutto vantaggio dello share (come per esempio quella tra Scanzi e il professore no vax Alberto Contri a #Cartabianca, o quelle innescate spesso dall’attivista no vax e no green pass Maddalena Loy sempre nel programma della Berlinguer), quanto di tutto quello che viene spacciato per “amore di pluralismo” può definirsi invece una “sceneggiata” preconfezionata? Fino a che punto i cosiddetti “opinionisti” vengono chiamati a dispensare le proprie “opinioni” in base a quanto queste ultime fanno schizzare in alto gli ascolti? Nel mercato degli opinionisti televisivi, quanti e chi sono gli imbonitori, se ci sono?

Fin quando a utilizzare questo espediente fossero le Tv commerciali è un conto, ma quando a farlo fosse la Rai non saremmo di fronte a una grave violazione del contratto di servizio? Riteniamo sia una vicenda cruciale della quale debba occuparsi al più presto la Commissione di Vigilanza Rai.