
di Marco Zonetti
- Per una più che esauriente disamina sulle procedure di rinnovo del CdA Rai, sulla composizione delle candidature di quest’anno, oltre a molte altre notizie d’interesse pubblico, rimandiamo all’articolo del presidente dell’Istituto Italiano per l’Industria Culturale Angelo Zaccone Teodosi su key4biz.it
Il rinnovo del Consiglio di Amministrazione della Rai, rinnovo le cui procedure partiranno dal 20 maggio prossimo venturo, potrebbe essere a rischio. A minarlo, come riferisce Prima Online, è “il ricorso presentato al Tar del Lazio da quattro autorevoli candidati allo stesso organismo contro il sistema di nomina, segnalando profili dubbi di legittimità costituzionale e il mancato rispetto delle ‘procedure di selezione’ in modo che non siano ‘né direttamente, né indirettamente’ espressione del potere esecutivo, punto segnalato anche da una sentenza della Consulta (n.225/1974)”.
“Garante” di tale iniziativa giuridica, pensata assieme al giornalista Renato Parascandolo (già Direttore di Rai Educational, fra gli altri incarichi) è il costituzionalista ed ex presidente Rai Roberto Zaccaria, che in una conferenza stampa a Montecitorio ha illustrato le ragioni dei ricorsi – due per sicurezza – presentati assieme ad altri firmatari illustri candidati al CdA Rai, ovvero Nino Rizzo Nervo (candidato e ex consigliere Rai), ex dirigenti come Stefano Rolando, Patrizio Rossano e Giulio Vigevani, avvocato e professore di diritto costituzionale alla Bicocca. A sostegno dell’operazione si sono anche schierate la Federazione Nazionale della Stampa, associazioni come Articolo2, NoBavaglio, Infocivica Ucsi, Tv MediaWeb e altre, sindacati come l’Usigrai e la Slc Cgil.
Secondo Zaccaria, le procedure per il rinnovo del CdA Rai dovrebbero svolgersi nel “rispetto della legalità, anche costituzionale, secondo criteri di indipendenza, trasparenza, competenza e autonomia economica”. Per giunta, i criteri di nomina non sarebbero in conformità con il Media Freedom Act europeo, che obbliga i paesi europei ad adeguarsi, mentre la gestione Rai è già sotto esame dell’Europa per dipendenza dal governo.
Scrive Natalia Lombardo su Prima Online: “Con un sì al ricorso si può bloccare il rinnovo del Cda, per il quale dal 20 verrà eletto il candidato rappresentante e, più o meno in contemporanea, Camera e Senato devono votare quattro membri (già presentate circa settanta candidature a Montecitorio e cinquanta a Palazzo Madama). E ricorsi poi potrebbero continuare alla Corte Costituzionale e, infine alla Corte Europea di Giustizia”.
E ancora: “Se il tribunale amministrativo dovesse accettare la contestazione si bloccherebbe il rinnovo della governance anche per un anno e, al settimo piano di Viale Mazzini, potrebbero anche restare gli attuali vertici, dal Cda all’amministratore delegato (compreso il passaggio con di Giampaolo Rossi – vicino alla premier Meloni – dal ruolo di direttore generale a quello di Ad, attualmente coperto da Roberto Sergio, con una evidente e contraddittoria diarchia).
“Il ricorso contesta il sistema di nomine contenuto nell’art 63 del Tusma (il Testo unico delle telecomunicazioni) che non rispetterebbe i criteri di selezione. Già la legge Gasparri e poi la 220 del 2015, la cosiddetta Legge Renzi, comunque legano la governance all’esecutivo: “Di sette consiglieri almeno sei vengono scelti dal binomio governo-maggioranza”, fa notare Zaccaria. Il Media Freedom Act è in vigore ma sarà operativo fra 15 mesi, con il nuovo Consiglio europeo. Quindi con un sì del Tar resterebbe congelato il consiglio attuale, finché il Parlamento non cambia la parte della legge che definisce le “procedure di selezione”, se non una nuova legge sull’intera governance Rai (tema caro a Tana De Zelueta, ieri in conferenza stampa).”Il Tar quindi potrebbe sospendere le nomine, dichiarare illegittimi i criteri oppure dare delle indicazioni per la correttezza”.
Roberto Zaccaria parla inoltre di “collaborazione, con Parlamento e con la Rai stessa, per l’attuazione di buone prassi” e si domanda, come già Angelo Zaccone Teodosi prima di lui: “Ma è possibile che un curricula non viene neppure letto? Che non si formi una commissione, che si esamini una rosa di nomi? Se vinciamo il ricorso il Parlamento si deve muovere”. Insomma, per Vincenzo Vita “il Cda con queste regole non s’ha da fare…”.
Alla conferenza stampa Montecitorio è da segnalare anche la presenza di Luciana Castellina che, a nome di Eurovision, ha chiesto “un lavoro organizzato insieme agli altri paesi perché vigilino sull’Italia per il rispetto del Media Freedom Act”.