di Marco Zonetti
Lo Speciale Tg1 dal titolo Rita Atria, la settima vittima, firmato da Giovanna Cucè e trasmesso su Rai1 domenica 17 luglio alle 23.30 con un buon riscontro di pubblico, ricostruiva il dramma della testimone di giustizia Rita Atria. Nel novembre del 1991, l’appena diciassettenne Rita – che aveva perso padre e fratello in una faida mafiosa – aveva deciso di collaborare con i magistrati, sospinta dalla fiducia che riponeva nei riguardi del giudice Paolo Borsellino. L’omicidio del giudice e della sua scorta nella strage del 19 luglio 1992 distrusse tuttavia, e definitivamente, la volontà della giovane. Il 26 luglio, una settimana dopo l’attentato, la giovane, ufficialmente suicida, morì lanciandosi dal settimo piano di un palazzo nel quartiere Tuscolano a Roma.
Lo speciale di Giovanna Cucè si fondava su filmati e documenti inediti relativi alla faida che tra gli anni Ottanta e Novanta insanguinò Partanna, parte di quel mandamento che nella valle del Belice faceva capo alla famiglia mafiosa dei Messina Denaro. E conteneva soprattutto un’intervista esclusiva ad Anna Maria Atria, sorella di Rita.
Un’intervista di grande importanza giornalistica che tuttavia, assieme allo speciale che la ospitava, è stata eliminata tout court dalla piattaforma RaiPlay. Il motivo lo racconta Stefano Caselli del Fatto Quotidiano in un’intervista alla stessa Anna Maria Atria. La Rai ha rimosso il documentario “perché tre persone, riconosciutesi in immagini di archivio relative ad arresti per mafia, hanno invocato il diritto all’oblio e minacciato richieste di risarcimento danni”. Una scelta, quella della Rai, “un po’ frettolosa” che l’azienda ha motivato adducendo la scusante di una precedente condanna per la trasmissione delle stesse immagini. Condanna che però era stata comminata solo per la mancata “pixellatura” delle manette, in quanto non risultavano offuscate digitalmente.
Invece di difendere il diritto di cronaca o, eventualmente, tagliare, oscurare il fotogramma “incriminato” la Rai si piega alla regoletta e cancella tutto il docufilm dalla piattaforma.
— Cristina Correani (@Moonlightshad1) January 5, 2023
Servizio pubblico, certo. Come no.
[dal Fatto Quotidiano]
@VigilanzaT #5gennaio pic.twitter.com/MYrgTY3jn4
Come leggiamo sul sito dell’Associazione Stampa Romana, “da settembre sono arrivate sulla scrivania di Giovanna Cucè tre richieste di danni da 20mila euro l’una. I danni sarebbero di immagine per le persone coinvolte nei fatti dell’epoca e riprese nell’inchiesta di luglio. Secondo i legali delle presunte parti offese quelle persone sarebbero danneggiate perché avrebbero diritto all’oblio rispetto a quanto accaduto”. Di conseguenza, in attesa del giudizio civile, la Rai ha preferito rimuovere tout court il documentario.
La decisione della Rai è per Anna Maria Atria “un’ingiustizia, soprattutto nei confronti di chi prova a tirare fuori la verità”. Stefano Caselli sottolinea inoltre che tra le persone che si sentono lese nell’immagine vi è anche un condannato per mafia in via definitiva. “Posto che chiunque ha il diritto di rifarsi una vita” domanda il giornalista ad Anna Maria, “non le pare paradossale che questo blocchi un documentario su una storia che è anche collettiva?”. “Esattamente quel che ho pensato” risponde la sorella di Rita Atria. “È paradossale. Lo speciale racconta la storia, quella con la S maiuscola e ricostruisce il travaglio di Rita. Le immagini riportate rappresentano ciò che nella realtà è successo, ciò che nessuno può smentire e cancellare“.
E le parole di Anna Maria Atria sono quanto mai veritiere e fondate: se infatti lo speciale è stato cancellato da RaiPlay, il suo importante contenuto è ancora visibile in rete. Basta fare una ricerca su google digitando il titolo del documentario “Speciale Tg1 Rita Atria – La settima vittima di Via d’Amelio” e cliccare su “Video”. Come per l’eccezionale documento del 1979 Processo per Stupro cassato da RaiPlay ma visibile su YouTube, la Tv pubblica pare non aver capito di essere ormai indietro anni luce rispetto al web. E che qualsiasi censura da essa applicata (vedi anche le immagini del blitz di Ultima Generazione al Senato che il Tg1 ha deciso di non mandare in onda) viene comunque aggirata da Internet.
Quanto alla decisione della Rai di rimuovere il documentario da RaiPlay, l’Associazione della Stampa Romana esprime solidarietà alla collega Cucè e “ritiene ingiustificato e pericoloso che un lavoro giornalistico prodotto dalla Rai sia congelato in attesa del verdetto di un giudice“. L’Associazione è anche dell’idea che “in questo caso si faccia un uso distorto del diritto all’oblio soprattutto se messo in relazione a vicende sulle quali si stanno ancora accertando elementi di verità. L’oblio per storie di mafia è una contraddizione in termini perché abbiamo invece il dovere di ricordare e deve prevalere sempre il diritto di cronaca”. Anche l’Associazione Antimafie “Rita Atria” e la testata Le siciliane hanno espresso vicinanza alla giornalista Giovanna Cucè.
Per ciò che invece concerne il suicidio di Rita, sempre nell’intervista al Fatto la sorella Anna Maria rivela di aver presentato un esposto alla Procura di Roma per far riaprire l’inchiesta. “Ancora troppe cose non tornano sul giorno della sua morte. Per noi, quelle eseguite, non possono essere definite indagini. Rita è stata abbandonata dallo Stato, che l’aveva messa sotto protezione. Da questo Stato vogliamo risposte”.