Roma, l’urbanista Rosi: “Ottima proposta di Anzaldi per il Ponte delle Donne”

Incendio Ponte di Ferro Ponte dell'Industria Michele Anzaldi
L’incendio del “Ponte dell’Industria” a Roma – Foto Roma Today

L’Urbanista e Architetto Claudio Rosi plaude alla proposta di Michele Anzaldi di rinominare “Ponte delle Donne” il Ponte dell’Industria bruciato a Roma

Di Marco Zonetti

Fin dalle prime ore del mattino di domenica 3 ottobre, l’incendio del Ponte dell’Industria a Roma ha dominato articoli di stampa, dibattiti sui social network e servizi dei telegiornali, evento quanto mai emblematico nella prima giornata elettorale delle amministrative e suppletive autunnali che vedono impegnata nelle consultazioni anche la Capitale.

Sull’argomento è intervenuto anche il Deputato Michele Anzaldi (Iv) in un suo articolo pubblicato sull’Huffington Post, nel quale egli rammemora la storia del cosiddetto “ponte di ferro” costruito nel 1862, ricordando in particolare il “cippo commemorativo che, venendo da piazzale della Radio, si trova subito dopo il ponte, sulla sinistra” e che “ricorda una storia bella e agghiacciante avvenuta il 7 aprile 1944”. 

Racconta Michele Anzaldi: “Un gruppo di donne romane, disperate per la mancanza di cibo, addirittura la semplice farina o il pane, viene a sapere che proprio a ridosso del ponte c’è un forno con tanta farina e tanto pane. Un gruppo di donne decide di fare da sé e di andare a prendere il pane per le loro famiglie e per i loro figli”.

E prosegue: “Ma qualcosa va storto. L’esercito tedesco arriva e nonostante la fuga delle donne in tutte le direzioni, alcune addirittura lungo il fiume, dieci vengono prese. Sono Clorinda Falsetti, Esperia Pellegrini, Italia Ferracci, Elvira Ferrante, Eulalia Fiorentino, Elettra Maria Giardini, Concetta Piazza, Assunta Maria Izzi, Arialda Pistolesi, Silvia Loggreolo. Poco dopo, senza alcuna pietà, verranno fucilate su quel ponte che ieri sera è stato bruciato. Non erano partigiane, non erano ebree, erano donne romane che lottavano per cercare di avere un po’ di pane per i loro figli, la farina frutto del sudore degli italiani”. 

Michele Anzaldi si augura dunque che i giovani vengano a conoscere questa storia e che magari la Tv del Servizio Pubblico ne produca una fiction. E aggiunge che “sarebbe ancor più bello e doveroso che un gruppo di cittadini, anche in conseguenza dell’incidente di ieri, chiaramente conseguenza e simbolo della cattiva gestione del territorio, delle strutture e delle emergenze, chiedesse al nuovo sindaco di Roma di cambiare il nome al Ponte dell’Industria (che peraltro non ha più un significato in quel posto) in Ponte delle Donne”. Sarebbe una decisione giusta ma tardiva che farebbe bene al ricordo di quelle dieci eroine e soprattutto farebbe bene alla nostra società e al nostro futuro. Speriamo” conclude quindi il Deputato di Italia Viva. 

VigilanzaTv ha domandato all’Urbanista e Architetto Pianificatore e Paesaggista Claudio Rosi, nonché consulente a Palazzo Chigi, un parere sulla proposta di cui sopra e sulla sua fattibilità. “Reputo ottima la proposta dell’Onorevole Anzaldi” ci risponde, “che dimostra particolare sensibilità per le donne romane che persero la vita nell’eccidio nazista del 7 aprile 1944. Una proposta che darebbe un nuovo significato storico a un ponte il cui nome, per varie ragioni, è divenuto obsoleto.”

Claudio Rosi Architetto Urbanista consulente di Palazzo Chigi
L’Urbanista e Architetto e Paesaggista Claudio Rosi

Ricorda infatti l’Urbanista Rosi: “Il Ponte dell’Industria nacque come ponte ferroviario sul quale transitava la linea Civitavecchia-Termini inaugurata il 24 settembre 1863 dal Pontefice Pio IX. “Pontefice”, per l’appunto, nel senso di pontifex, ovvero “colui che ha cura della costruzione dei ponti”, carica ricoperta nella Roma antica dallo stesso Augusto, pontifex maximus. La costruzione del ponte fu affidata dall’allora Stato Pontificio a una società belga, ma la struttura fu realizzata in Inghilterra – già all’avanguardia in quanto culla della rivoluzione industriale. Il Ponte, dunque, è di fatto una mirabile struttura prefabbricata” prosegue Rosi, “e non tutti sanno che, all’epoca quando il Tevere era navigabile, la parte centrale poteva sollevarsi come il Ponte di Londra – si parva licet – per lasciar passare le barche a vela – all’epoca non esistevano quelle a motore, ricordiamolo”.

“Tutto questo” continua Claudio Rosi, “per sottolineare come il Ponte dell’Industria, così chiamato in quanto situato nel “polo industriale” che era il quartiere Ostiense all’epoca, poi divenuto da ferroviario a carrabile, fosse un autentico monumento pervaso di Storia. E tuttavia, da tempo privo delle connotazioni geometriche adeguate per essere in regola al codice della strada. Per questo è necessario compiere una valutazione mirata e puntuale sul suo destino: restaurarlo riparando i danni dell’incendio adeguandolo alle nuove connotazioni geometriche in vigore o demolirlo tout court e costruirne uno nuovo? Questa scelta ovviamente spetterà al nuovo Sindaco – il moderno pontifex nel senso letterale della parola – così come la decisione – in qualità di responsabile della topomastica – se accogliere l’encomiabile proposta dell’Onorevole Anzaldi di chiamarlo ‘Ponte delle donne’“.

L’Urbanista Rosi conclude: “Qualsiasi dovessero essere le sorti della struttura, esse non possono che passare per una gara pubblica che veda in lizza le migliori menti dell’Architettura come merita la Capitale e come merita anche il ponte, frammento autentico e unico della Storia di Roma”.