SanPa. Michele Anzaldi: “Perché pagare canone Rai se servizio pubblico lo fa Netflix?”

Un frammento della docuserie di Netflix Sanpa: Luci e Tenebre di San Patrignano

Ha suscitato un vespaio in Rai il nostro articolo sulla docuserie Netflix SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano (ripreso anche da Dagospia), docuserie che racconta la storia della comunità per tossicodipendenti fondata a fine Settanta da Vincenzo Muccioli. Ispirati da una disamina del Segretario della Commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi sull’Huffington Post ci domandavamo come mai, fondandosi la fiction per il 90% sulle teche Rai, fosse invece stata prodotta da una piattaforma streaming privata a pagamento. Abbiamo quindi rivolto la stessa domanda all’On. Anzaldi in un’intervista esclusiva.

Onorevole Anzaldi, la docuserie Sanpa di Netflix, che si sta rivelando un grande successo di pubblico e di critica, è in gran parte prodotta con i materiali d’archivio delle teche Rai. Viene da chiedersi: ma perché la Rai non l’ha prodotta e realizzata direttamente?

“Non è soltanto legittimo ma doveroso chiedersi, di fronte al successo di Sanpa, dove sia la Rai: perché un prodotto del genere, quasi completamente realizzato con immagini Rai, non lo ha commissionato direttamente il servizio pubblico? Se la Rai non c’è in produzioni del genere, per cosa lo paghiamo il canone? Un fallimento epocale per questi vertici Rai. Basta guardare a qualche numero”.

Anzaldi Netflix Sanpa
Michele Anzaldi, Segretario della Commissione di Vigilanza Rai

Di quali numeri parla?

“I costi di una produzione come Sanpa si aggirano sui 600mila euro. Solo di diritti per attingere alle teche Rai, i costi vanno dai 3000 ai 5000 euro al minuto. Significa che se quella docuserie l’avesse realizzata o comprata la Rai, il costo per Viale Mazzini sarebbe stato davvero irrisorio, a fronte di un prodotto che da giorni sta facendo discutere sia i tanti che ricordano quella stagione della droga e di Muccioli, sia i più giovani che proprio grazie a Netflix stanno conoscendo quella storia. Il problema è che la Rai non soltanto non compra prodotti del genere, ma neanche li pensa”.

Vuol dire che in Rai non esiste più una struttura o comunque il personale in grado di pensare nuove idee e prodotti?

“E’ sotto gli occhi di tutti che la Rai non inventa più nulla, sebbene abbia migliaia di dipendenti e dovrebbe avere al proprio interno le migliori professionalità televisive. Tutto ciò che va in onda, al di fuori dei telegiornali, è acquistato all’esterno. Un nuovo format o una nuova proposta di programma hanno speranza di andare in onda in Rai solo se vengono proposti da quei 2-3 agenti esterni che di fatto decidono tutti i palinsesti. E allora la domanda resta la stessa: perché i cittadini devono continuare a pagare il canone? Per arricchire gli agenti e pagare privilegi, mentre il servizio pubblico latita? Perché pagare il canone se il servizio pubblico lo fa Netflix, una tv a pagamento?”