SanPa si regge sulle Teche Rai. Allora perché l’ha prodotto Netflix?

Vincenzo Muccioli in un fotogramma di SanPa

Fiction private, pubbliche (s)virtù

SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano, prima docuserie prodotta da Netflix Italia, è promossa a ogni piè sospinto su tutti i giornali, e anche in Tv. Per giunta, attraverso patinatissimi spot in onda sulla stessa Rai, divenuta principale vetrina di sponsorizzazione per i prodotti delle piattaforme streaming concorrenti di RaiPlay pagata con il canone. A tal proposito, fin dalle prime scene della docuserie che ricostruisce la storia della comunità per tossicodipendenti fondata alla fine degli anni Settanta da Vincenzo Muccioli, è evidente che senza le teche Rai e senza la mole di materiale fornito dal servizio pubblico radiotelevisivo, SanPa non si sarebbe potuta realizzare.

Il commento di Michele Anzaldi

Considerato tutto ciò, e prendendo anche spunto da una interessante disamina del Segretario della Commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi sull’Huffington Post, che sottolinea fra le altre cose come la serie su Vincenzo Muccioli abbia visto la luce “grazie a Netflix, una Tv commerciale a pagamento”, ci domandiamo per l’appunto come mai non sia stata prodotta dalla Rai.

A che serve Rai Documentari?

La stessa Rai che ha allestito una struttura ad hoc, Rai Documentari, il cui responsabile qualche giorno fa si vantava del successo di pubblico di un docufilm acquistato all’estero (Pompei, l’ultima scoperta) e spacciato come prodotto realizzato da Viale Mazzini. A che serve, a questo punto, la costosissima Rai Documentari se le docuserie con materiale Rai proprietà del servizio pubblico le producono le piattaforme di streaming private?

Oltre il danno, la beffa

SanPa si regge almeno per il 90% su materiale Rai; su filmati e documenti realizzati dalla Rai; su frammenti di trasmissioni andate in onda sulla Rai e condotte da giornalisti Rai. Eppure per realizzare SanPa c’è voluta Netflix, una Tv commerciale a pagamento, tanto per ribadire le parole dell’On. Anzaldi. E, paradossalmente, la stessa Rai fa pubblicità alla docuserie che è l’emblema del suo fallimento come servizio pubblico, visto che, per vedere preziosissime immagini di repertorio Rai che paghiamo con il canone siamo obbligati a pagare anche l’abbonamento a Netflix. Oltre il danno, la beffa insomma.

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