Titolo V, Seconda Linea, 7 Storie: l’informazione Rai è un fiasco

titolo V seconda linea sette storie l'informazione rai è un fiasco
Alessandro Giuli e Francesca Fagnani, ex conduttori di Seconda Linea

Come volevasi dimostrare. Anche Titolo V, condotto da Francesca Romana Elisei e Roberto Vicaretti su Rai3 nella prima serata del venerdì, fa flop. Non era difficile intuirlo dalla struttura “sdoppiata” a Torino e a Napoli che, con il suo effetto straniante, allontana i telespettatori e li confonde. Proprio nel momento in cui l’informazione andrebbe veicolata nella maniera più semplice possibile, senza artifici scenici, tecnologici, di conduzione.

Stesso problema lo si riscontrava in Seconda Linea in onda su Rai2 e condotto da Francesca Fagnani e Alessandro Giuli. Che avrebbe dovuto rifarsi alla mischia del rugby e che invece era soltanto una mischia di ospiti spaesati, temi, spazi e collegamenti farraginosi e privi di un filo conduttore. E per questo chiuso dopo sole due puntate battendo il record del programma meno visto di tutti i tempi in prima serata.

Un fiasco dopo l’altro

Ma sono molti gli spazi di approfondimento che arrancano in Rai. Uno dei casi più eclatanti: Sette Storie di Monica Maggioni, costosissimo e arenato ad ascolti monocifra nella seconda serata di Rai1. Oggi è un altro giorno di Serena Bortone sempre su Rai1 che ha l’ambizione di coniugare attualità e intrattenimento, appiattendosi ossessivamente (come tutta Rai1 del resto) su tematiche LGBT (che, visti gli ascolti, scontentano i telespettatori dell’Ammiraglia). E poi Ore14 condotto da Milo Infante su Rai2 che sta scontando la partenza tardiva in una fascia oraria dominata da soap e dalla concorrenza interna della Bortone, che oltre ad andare male finisce per danneggiare anche il programma della Seconda Rete. Che dire di Restart, l’ennesimo programma di approfondimento di Annalisa Bruchi in seconda serata che non va oltre il 2% di share? E come se non bastasse, la Seconda Rete di Ludovico Di Meo è pronta a varare altri spazi simili nei prossimi mesi.

Chi paga gli insuccessi?

Chi paga, per dirla con il Segretario della Vigilanza Rai Michele Anzaldi, tutti questi programmi che sembrano nati solo per accontentare agenti, conduttori e politici? Sul groppone di chi vanno a finire tutti questi flop? Flop il più delle volte realizzati, per giunta, coinvolgendo una pletora di risorse esterne. In una rapsodia di appalti e subappalti (come Sette Storie, prodotto dalla Blu Yazmine e subappaltato a Pesci Combattenti) in totale sprezzo delle risorse interne, che invece dovrebbero essere privilegiate.

Lasciamo l’informazione Rai ai Tg

Visto il vacillare degli spazi di approfondimento a cura delle reti, non si potrebbe a questo punto lasciare l’informazione esclusivamente ai Tg? La cui direzione, ovviamente, andrebbe prima di tutto affidata a professionisti validi, probi, integerrimi e non asserviti alla politica. Si risparmierebbe molto denaro dei contribuenti, s’impiegherebbero soltanto risorse interne, si arginerebbe lo strapotere degli agenti e i conflitti d’interesse delle case di produzione con relativi costosissimi appalti e subappalti. Che senso ha lasciar proliferare progetti e progettini di infotainment destinati perlopiù a durare come un – dispendiosissimo – gatto in tangenziale? Anziché pensare dissennatamente di cancellare RaiSport e RaiStoria, i vertici Rai pensino a ridurre costi e spese con raziocinio. Andando così a vantaggio della qualità dell’informazione e al tempo stesso del risparmio per i contribuenti. E non togliendo fondi ai veri spazi di servizio pubblico, penalizzati dagli sprechi per sovvenzionare il narcisismo di agenti, conduttori, direttori di rete, politici.