Vaccino Covid-19 per tutti a breve? Il punto sulla sperimentazione

Vaccino Covid-19

In un articolo apparso recentemente sulla rivista Time il giornalista Jeffrey Kluger ha scritto del vaccino anti SARS-CoV-2 – altrimenti noto col nome della sindrome che causa, cioè Covid-19 – in relazione alla necessità d’iniziare a testarlo sui bambini dai 12 in giù. Al momento, infatti, i test vengono effettuati sugli individui di età superiore ai 12 anni. Questa la soglia della sperimentazione in atto, al di sotto della quale infatti non esiste ancora alcun trial. Neanche negli Stati Uniti, dove nel 1954 Jonas Salk somministrò a Randy Kerr, all’età di sei anni (oggi è sessantaseienne) la prima dose di quello che sarebbe divenuto l’antipolio, il vaccino contro la poliomielite.

La “terza fase” della sperimentazione negli Stati Uniti

Il Cincinnati Children’s Hospital è l’unico luogo al mondo che abbia iniziato a testare il vaccino contro SARS-CoV-2 su un gruppo di 600 tra i 16 e i 17 e su un campione di 2.000 adolescenti tra i 12 e i 15 anni di età. Quanto al vaccino in questione messo a punto dalla multinazionale Pfizer, si ammette tuttavia ancora qualche difetto nella composizione del campione d’indagine, quando già in buona parte del mondo – Italia compresa – si era ormai giunti alla terza fase di sperimentazione. Quella realizzata su vasta scala e sull’uomo (42.113 adulti solo negli Stati Uniti), e ultima prima dell’iter di approvazione. Solo a quel punto infatti la massima autorità mondiale sui farmaci, la Food and Drug Administration autorizza la sperimentazione sui giovani. E poiché, di norma, la FDA eleva a farmaco lo status di una molecola solo ed esclusivamente se è stata già testata secondo criteri scientifici, riconoscendone due posologie ben distinte, è evidente che mancherà una posologia messa a punto per i più piccoli.

L’American Academy of Pediatrics e l’incidenza del Covid-19 sui giovani americani

Il ritardo nella sperimentazione del vaccino sui più giovani ha, di fatto, una causa. Degli 8.8 milioni di casi negli Stati Uniti solo 800.000 erano al di sotto dell’età adulta. Per l’American Academy of Pediatrics solo il 3.6% dei pazienti ospedalizzati negli Stati Uniti per Covid-19 erano infatti bambini. A dimostrazione di una loro maggiore resistenza al contagio. Ma alcuni di loro si sono comunque ammalati. E proprio su questa base, e sul ritardo già accumulato, è giunta l’eco anche in Italia (in una nota diffusa dall’Ansa dello scorso 25 settembre) di una dichiarazione di Evan Anderson della Emory University, al New York Times, secondo cui questa situazione potrebbe addirittura incidere sull’inizio del prossimo anno scolastico.

Cosa conterrà il nuovo vaccino

Il vaccino messo a punto dalla Pfizer non nasce a partire dal virus morto o indebolito, come accadeva in passato. Per innescare la produzione di anticorpi ricorre piuttosto allo stesso RNA messaggero del SARS-CoV-2 – una sua componente cellulare – inducendo nel nostro organismo la produzione di alcune sue proteine. Che poi diventano la base della produzione degli anticorpi da parte del sistema immunitario. Quelle che saranno somministrate, dunque, saranno solo delle porzioni di materiale genetico del virus, indipendentemente dall’azienda che lo produrrà.

La sperimentazione del vaccino in Italia

Quando in Italia è giunta la notizia dell’ampliamento del range di sperimentazione negli Stati Uniti (grazie all’agenzia di stampa Ansa su base CNN), si era già, come abbiamo anticipato, alla terza fase dei test della molecola messa a punto dalla Oxford University. Che, stando a quanto dichiarato recentemente dal direttore responsabile della sperimentazione, il professor Andrew Pollard, potrebbe produrre le prime dosi entro Natale (AGI, 4 novembre).

Antonio Facchin

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