Vengo dopo il Tg1. Così, rievocando Renzo Arbore nella sigla di coda del suo cult Indietro tutta, potremmo intitolare l’annosa saga della striscia quotidiana di approfondimento immediatamente successiva al notiziario di Rai1 delle 20.00.
È stata qualche giorno fa la giornalista e conduttrice Marianna Aprile a lanciare sul settimanale Oggi l’indiscrezione secondo cui la Rai starebbe pensando di affidare prossimamente a Bruno Vespa lo spazio che fu di Enzo Biagi e del suo programma Il Fatto. Il conduttore di Porta a Porta, molto apprezzato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che lo ha voluto sul palco del decennale di Fratelli d’Italia e che lo ha scelto per la sua prima intervista ufficiale televisiva a svantaggio di Monica Maggioni, potrebbe dunque riaprire i battenti dello storico spazio di approfondimento dell’access prime time di Rai1, assai remunerativo per quanto riguarda l’audience ma anche politicamente spinoso e storicamente tormentato.
Giusto vent’anni fa, e precisamente il 18 aprile 2002 in visita ufficiale a Sofia, capitale della Bulgaria, l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, rientrato da meno di un anno a Palazzo Chigi, pronunciò quello che fu definito “editto bulgaro” contro l’utilizzo a suo dire “criminoso” della televisione pubblica da parte di Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi. All’epoca Biagi conduceva dal 1995 Il Fatto dopo il Tg1 delle 20.00, mentre Santoro era al timone della trasmissione Sciuscià e Luttazzi di Satyricon, che un mese prima aveva ospitato Marco Travaglio in un’intervista senza peli sulla lingua in merito alle origini delle fortune economiche del Cavaliere. Tre programmi di successo che, dopo le dichiarazioni di Berlusconi, furono chiusi tout court con i tre conduttori allontanati senza mezzi termini dalla Rai, malgrado gli ottimi riscontri Auditel.
A causa del cosiddetto “editto bulgaro” iniziarono per l’appunto le vicissitudini della striscia di approfondimento di Biagi che, come segnala Aldo Grasso nella sua Enciclopedia della Televisione Italiana, era arrivata a superare i sette milioni di spettatori. Con l’ostracismo del giornalista emiliano dalla Rai, Il Fatto fu presto rimpiazzato dal programma Batti e ribatti condotto da Pierluigi Battista, che poi passò il testimone a Oscar Giannino, a sua volta sostituito da Riccardo Berti.
Conclusa l’esperienza di Batti e Ribatti, fu la volta di Dopo Tg1 ideato e condotto dall’allora Direttore del Tg1 Clemente J. Mimun. Il programma fu trasmesso dal gennaio al giugno 2006 e chiuso poi da Gianni Riotta che andò a sostituire Mimun alla guida del notiziario di Rai1. La striscia che fu di Biagi venne successivamente rilevata da Giuliano Ferrara con Qui Radio Londra. “L’ultimo samurai della Tv”, come lo definì Grasso, andò avanti per due stagioni chiudendo i battenti nel 2012.
Il resto è storia: mentre Rai1 si dedicava anima e corpo prima ai pacchi di Affari Tuoi poi alle identità misteriose dei Soliti ignoti, l’informazione in access prime time diveniva terreno di conquista di La7 con Otto e mezzo e In onda, nonché di Rete4 con Stasera Italia e Controcorrente, dando vita a quel peculiare paradosso che vede il servizio pubblico divenire sempre più appannaggio delle Tv private.
Nel 2018-2019, l’ala leghista del Governo giallo-verde appena insediatosi in Rai si baloccò con l’idea di riesumare la striscia di Biagi per affidarla a Maria Giovanna Maglie. Come rivelò lei stessa a Un giorno da pecora, Maglie aveva già in mente il titolo, Chiaro e Tondo, e la sigla doveva essere la sfrontata I am what I am. Si diceva perfino che il programma sarebbe stato prodotto dall’esperta di comunicazione e lobbista Francesca Immacolata Chaouqui, protagonista del caso Vatileaks, scatenando così un putiferio nella stessa maggioranza di Governo. I 5 Stelle, che allora potevano contare sull’Ad Rai Fabrizio Salini loro espressione, fecero ostruzionismo e la striscia di Maria Giovanna Maglie, assieme al suo ritorno in pompa magna nella Tv pubblica, morì ancor prima di nascere come del resto la stessa giornalista aveva vaticinato.
Quando l’ipotesi di riportare in vita la striscia dopo il Tg1 pareva definitivamente tramontata, l’eventualità fu riproposta nel febbraio 2021 dal Segretario della Vigilanza Rai Michele Anzaldi all’allora Direttore di Rai1 Stefano Coletta, che durante la sua audizione in Commissione la definì una “idea illuminata”. Un’idea a quanto pare tornata decisamente in auge, tanto da chiamare finanche in causa il nome di Vespa quale destinatario dell’impegnativo retaggio di Biagi.
Ma, per quanto il progetto sia mediaticamente suggestivo, è più facile a dirsi che a realizzarsi. Rispetto all’epoca del Fatto, la fascia dell’access prime time (quella che va dalle 20.30 alle 21.30) è divenuta affollatissima per quanto riguarda l’approfondimento politico. A Otto e mezzo (o In Onda nei periodi festivi) su La7 e a Stasera Italia o Controcorrente su Rete4, si è infatti aggiunto Il cavallo e la torre di Marco Damilano su Rai3. Vespa andrebbe quindi non tanto a impensierire la concorrenza della seguitissima Gruber, quanto invece a erodere terreno non solo al Tg2 delle 20.30 ma soprattutto a Rai3 e allo stesso Damilano, il cui arrivo ha già creato scompiglio a Viale Mazzini come segnalato ripetutamente da Dagospia.
Sempre per quanto riguarda il “fuoco amico” in Rai, Vespa ruberebbe altresì dei minuti preziosi ai Soliti Ignoti di Amadeus, a tutto vantaggio della pericolosa concorrenza di Striscia la Notizia. Tanto che si dice che Antonio Ricci, al pensiero dell’arrivo di Vespa nella stessa fascia oraria del suo inossidabile Tg satirico in onda con successo da ben 34 anni, si stia fregando le mani dalla contentezza.