Armi: il (più) grande business di cui non si parla mai abbastanza

di Antonio Facchin

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Se il “pachiderma” Europa è pronto a votare una serie di misure che in nome della difesa definisce “economia di guerra” (a rischio guerra conclamato) l’Italia (pur non brillando per prontezza) dalle guerre in corso ha già tratto ampi profitti. Lo riferisce Alessia Grassi sul Fatto Quotidiano attribuendo al nostro paese esportazioni di materiale bellico verso Israele per un valore pari a 9,9 milioni nel 2023, di cui 2,1 dal 7 ottobre scorso.

Armi: il (più) grande business di cui non si parla mai abbastanza

Gli scambi con Israele

Ma a salire è stato nel frattempo anche il dato dell’importazione, come rivela la relazione annuale dell’UAMA, Unità per le autorizzazioni di materiale di armamento in seno al Ministero degli Affari Esteri che il quotidiano è riuscito a visionare. Vi risulta che nel 2023 Israele avrebbe inviato in Italia materiale di armamento autorizzato per un valore di 31,5 milioni di euro, superando di gran lunga i 9,8 milioni dell’anno precedente, a dimostrazione della portata di certi scambi con il governo Netanyahu. Il materiale bellico inviato a Israele consiste in “munizioni, bombe, siluri, razzi, missili, e accessori; aeromobili, apparecchiature elettroniche, e poi pezzi forgiati, pezzi fusi e semilavorati; apparecchiature e tecnologia per la produzione; software; tecnologia per sviluppo, produzione o utilizzazione”. Ma la relazione non specifica quali siano i materiali a loro volta importati, confermati dagli oltre 33 milioni in transazioni della RWM Italia S.p.A., ramo italiano della tedesca Rheinmetall, seguite per valore da quelle di Telespazio S.p.A., cha ha acquistato da Tel Aviv armamenti per il 3,2 milioni circa, e da Leonardo S.p.A. con i suoi oltre 2,7 milioni. Ma se l’ex Finmeccanica è al terzo posto nell’import, guida la classifica dell’export italiano.

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Il ruolo di esportatore dell’Italia nel mondo

La relazione annuale UAMA conferma infatti il ruolo centrale dell’Italia negli scambi di materiale bellico nel mondo. «Nel 2023 – si legge – il valore complessivo delle autorizzazioni per movimentazione per materiali d’armamento è stato di circa 7,563 miliardi, dei quali 6,3 in uscita dall’Italia e 1,2 in entrata, esclusi i trasferimenti intracomunitari. Nello specifico si parla di un incremento del 24,4% del valore delle autorizzazioni individuali di esportazione. Non a caso, si fa notare che a crescere sono anche le licenze globali “strumento di semplificazione” (a proposito di rendere più blande le procedure della legge 185 del 1990 che regola l’attività dell’UAMA, come proposto dal governo italiano). In tutto il valore di queste ultime è stato di 1,5 miliardi di euro. “Complessivamente – spiega ancora l’Autorità del Ministero degli Esteri – si riscontra un incremento del valore delle autorizzazioni in uscita, che dai 5,289 miliardi di euro del 2022, passano a 6,311 miliardi”». Cifre per le quali quanto previsto dall’Unione Europea (1,5 miliardi di euro tra il 2025 e il 2027) nel First ever defence industrial strategy and a new defence industry programme to enhance Europe’s readiness and security è ben poca cosa.

Dalla stessa relazione infine emerge che fra i paesi che hanno acquistato più armi dall’Italia nel 2023 – oltre ovviamente a Ucraina e Israele – vi sono Arabia Saudita ed Egitto.

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