di Antonio Facchin
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Inserito da poco fra i diritti fondamentali designati dalla Costituzione francese, il diritto a un’interruzione di gravidanza clinicamente assistita è andato nei giorni scorsi al voto del Parlamento europeo, fra le ultime iniziative di questa legislazione che saremo chiamati a rinnovare il prossimo giugno.
Con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, la risoluzione approvata ha però valore simbolico – non vincolante – perché solo l’unanimità dei consensi avrebbe permesso di inserire l’interruzione di gravidanza clinicamente assistita nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE, alla stregua di quanto abbia fatto la Francia nella sua Costituzione.
Nel valore simbolico dell’iniziativa c’è tuttavia un messaggio forte e chiaro a tutti quei consessi maschili – primo fra tutti il Vaticano – che da decenni discettano di una questione eminentemente femminile; una risposta al giro di vite della Corte Suprema americana che nel 2022 ha abolito il diritto a un’interruzione di gravidanza clinicamente assistita; un monito a tutti quelli che associano senza mezzi termini l’interruzione di gravidanza all’omicidio, senza tenere nella dovuta considerazione il rischio di vita cui si espone una donna che deve ricorrervi in clandestinità. Come accadeva per esempio in Italia prima che la pratica dell’interruzione della gravidanza si regolasse nel 1978 con la Legge 194; ben prima che negli anni trascorsi da allora l’obiezione di coscienza ne riducesse gli spazi di pratica assistita.
E se da un lato l’europarlamentare francese Manon Aubry ribadiva con forza la sua natura di diritto fondamentale asserendo che “il diritto all’aborto non uccide. Al contrario, salva delle vite”, dall’altro, sulla piazza antistante la sede del Parlamento, fervevano le proteste.
Una pratica medica estremamente eterogena
Non è un caso che i dati statistici più recenti risalgano al 2021 – elaborati dall’European Parliamentary Forum (EPF) nell’Atlante delle politiche europee sull’aborto – da cui emerge che l’interruzione di gravidanza clinicamente assistita è praticata in Europa in modo assolutamente eterogeneo: è trattata come un servizio medico solo in 21 paesi. Ma se ampliamo gli orizzonti scopriamo che in 31 paesi l’aborto non è un trattamento erogato dal servizio sanitario nazionale; se non viene addirittura considerato reato e, come tale, praticabile solo all’estero. Buona, in una classifica di 52 paesi, la posizione dell’Italia. Per quanto la percentuale dei ginecologi obiettori di coscienza raggiungeva già nel 2021 il 67%.