di Antonio Facchin
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La meglio gioventù compie vent’anni (e li ha (già) festeggiati al cinema Troisi di Roma): per meglio dire, il 7 dicembre 2003 andava in onda il primo dei quattro episodi di uno dei film per la tv di maggior successo (televisivo nonché cinematografico) degli ultimi tempi, che avvinse più di 6 milioni di spettatori. Dopo aver sedotto la giuria del festival di Cannes, e avervi trovato la possibilità di essere esportata fin negli Stati Uniti.
Su una sceneggiatura esemplare – scritta da Stefano Rulli e Sandro Petraglia (l’autore della seconda serie di Un professore, fiction di successo del martedì di Rai1) che ne scrissero anche il soggetto – e la regia di Marco Tullio Giordana, La meglio gioventù narra di una famiglia medio-borghese fatta di personaggi di raro spessore psicologico. Animati da giovani attori di talento, in un arco temporale di quasi 40 anni: quelli dell’alluvione di Firenze, dei movimenti studenteschi post ’68, degli anni di piombo e della strage di Capaci. Gli anni che vivemmo prima del passaggio al nuovo millennio e all’era digitale. Anche per questo La meglio gioventù è, e resterà, prezioso affresco di un’epoca, come lo è stato Novecento di Bernardo Bertolucci per il secolo precedente. La ripercorriamo con le parole di Morando Morandini e Paolo Mereghetti.
Saga dei borghesi Carati, padre romano e madre milanese con due figli maschi e due femmine, dall’estate 1966 al passaggio al millennio in corso. “Tre generazioni, da Roma a Palermo, da Capo Nord alla val d’Orcia, toccando alcuni dei grandi eventi collettivi di quel terzo di secolo: l’alluvione di Firenze (4-11-1966), i movimenti giovanili, l’antipsichiatria, la lotta armata tra i ’70 e gli ’80, la strage mafiosa di Capaci (1992). Di questo film corale – 6 ore in due atti – sono protagonisti i due fratelli Nicola, psichiatra basagliano, e Matteo, spigoloso poliziotto, entrambi figli del ’68. Compatta e complessa sceneggiatura di Sandro Petraglia e Stefano Rulli con simmetrie, conflitti, incalzare di avvenimenti e sottigliezza psicologica, passioni e compassione, coraggio e tenerezza, scarti del caso e decisioni personali”.
“Probabilmente è il risultato più ammirevole del loro lungo lavoro di sceneggiatori così com’è il più maturo e felice film di Giordana che alla maturità era giunto con I cento passi. In questo film di memoria contano anzitutto i personaggi. Alle virtù dello stile si aggiunge una lucida volontà di comunicazione emotiva con lo spettatore: ha il momento più alto nella sequenza dei libri (con una grande Adriana Asti) dopo il suicidio di Matteo; qua e là nel 2° atto s’inoltra nel territorio del mélo, persino ruffiano nel finale: l’unica caduta di gusto” (Il Morandini).
“Pensato per la televisione (in quattro puntate) ma uscito al cinema dopo il premio vinto a Cannes nella sezione «Un certain regard», questo film ripercorre quasi quarant’anni di vita italiana (si chiude nel 2003, nella casa in Toscana di Carlo, con un ideale passaggio di testimone tra la generazione dei padri e quella dei figli), riuscendo a fondere coinvolgimento melodrammatico e riflessione sociale. La sceneggiatura di Stefano Rulli e Sandro Petraglia … indovina l’idea di affidare a due fratelli in qualche modo speculari il compito di far avanzare l’intreccio: Nicola più «possibilista», Matteo più «intransigente»; il primo incarnazione degli ideali migliori della «borghesia illuminata» nazionale, il secondo portatore di una rabbia distruttiva e «individualista»”.
“Poche le concessioni alla commedia … piuttosto una descrizione partecipata ed emotiva alle aspirazioni di una generazione – che spesso la cronaca si è incaricata di ridimensionare: la voglia di ordine come rigore morale di Matteo – ma che riesce, in un finale luminoso e malinconico tra le Eolie e la Toscana, a ribadire una voglia di cambiare non ancora spenta. Un cinema che sa ritrovare il piacere del racconto (non è un caso che si vedono tanti libri e biblioteche), a cui Giordana sa dare una fluidità insolita per un’opera così imponente, utilizzando al meglio l’intensità dei primi piani e sfruttando i momenti di sospensione narrativa offerti dalle scene en plein air. Il titolo riprende quello di una raccolta di poesie friulane di Pier Paolo Pasolini” (Il Mereghetti. Dizionario dei film).
Film prodotto da Angelo Barbagallo per la Rai, con la fotografia di Roberto Forza, le scenografie di Franco Ceraolo, il montaggio di Roberto Missiroli e la fonia in presa diretta di Fulgenzio Ceccon, La meglio gioventù vanta – oltre a «Un certain regard» del festival internazionale del cinema di Cannes del 2003 – ben 6 David di Donatello e 7 Nastri d’argento.
La meglio gioventù, con la regia di Marco Tullio Giordana, è interpretato da Luigi Lo Cascio, Alessio Boni, Adriana Asti, Sonia Bergamasco, Fabrizio Gifuni, Jasmine Trinca, Maya Sansa, Valentina Carnelutti, Andrea Tidona, Livia Vitale, Claudio Gioè, Camilla Filippi, Paolo Bonanni, Riccardo Scamarcio, Giovanni Scifoni, Michele Melega, Mario Schiano, Therese Vadem, Stefano Abbati, Roberto Accornero, Fabio Camilli, Patrizia Punzo.
Disponibile su RaiPlay