di Marco Zonetti
La povera Cristina D’Avena, interprete di molte sigle di cartoni animati che hanno spopolato negli anni ’80 e ’90, è finita nella bufera per la sua annunciata partecipazione alla festa dei dieci anni di Fratelli d’Italia. Partecipazione che, assieme alle dichiarazioni di stima nei confronti di Giorgia Meloni, ha fatto infuriare i tantissimi fan gay della cantante che non le perdonano di andare a esibirsi “di fronte ai fasci”, per usare le parole dei numerosissimi indignati che hanno tempestato la rete di critiche alla D’Avena.
Quest’ultima ha cercato di difendersi asserendo di non portare “ideologie ma musica”, e tuttavia il linciaggio non si è placato. Anzi.
Una festa di partito a tutti gli effetti visto che, la sera stessa del concerto di D’Avena all’Iren Green Park, era previsto un dibattito con la deputata ed ex ministro dem Paola De Micheli – oggi candidata alla segreteria del Pd – e altri esponenti politici nazionali e locali, tutti “piddini”. Eppure a nessuno, all’epoca, era venuto in mente di scatenare putiferi mediatici per la presenza della cantante all’evento organizzato dal Partito Democratico.
L’assurdità di tutta la diatriba ben si sposa con il paradosso di aver fatto assurgere a “icona gay” la cantante dei Puffi, per non parlare dell’idea sconvolgente che, alla festa di Fratelli d’Italia, D’Avena possa cantare (cit.) “di fronte ai fasci” canzoni quali Memole dolce Memole, Kiss me Licia e Pollon, combinaguai. Crosetto, Mollicone e La Russa intoneranno con Cristina tali ardite, virili e patriottiche melodie? Preferiamo non pensarci.