Digital resurrection: l’intelligenza artificiale dei “miracoli”

di Jo McCarthy

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Mentre tutto il mondo s’interrogava sui dissapori che hanno portato OpenAi a sostituire ai suoi vertici Sam Altman, l’inventore di ChatGPT con, – ammettiamolo anche se ha poca rilevanza – una sicuramente più attraente Mira Murati, abbiamo chiesto alla loro creatura di rivelarci qualche indiscrezione. Ma niente: ChatGPT4 non svela nulla più di quanto la stampa internazionale riferisca da giorni.

Abbiamo dunque ripiegato su un’altra nostra recente curiosità: la “resurrezione “di John Lennon nell’ultima, recente, versione di Now and Then nella riedizione Apple delle due raccolte che, nei 50 anni trascorsi dalla loro uscita, hanno fatto apprezzare i Beatles a più di una generazione: 1962-1966 (The Red Album) e 1967-1970 (The Blue Album).

E abbiamo scoperto che Lennon è “tornato fra noi” grazie a una branca dell’intelligenza artificiale definita digital resurrection. Ecco ciò che ChatGPT4 ci ha rivelato al riguardo:

“Sì, è vero che nell’ultimo disco dei Beatles John Lennon canta grazie all’intelligenza artificiale. Si tratta di un progetto chiamato “Digital Resurrection” che ha usato un algoritmo per ricreare la voce del cantante scomparso nel 1980”

Jo: “La digital resurrection aveva già riportato in vita altri cantanti prima di Lennon?”

ChatGPT4: “Esistono altri casi in cui l’intelligenza artificiale ha “resuscitato” un cantante. Anita Mui, una famosa cantante cinese morta nel 2003, è stata “riportata in vita” da Tencent Music, una società di streaming musicale, che ha usato una tecnologia di sintesi vocale per produrre una nuova canzone con la sua voce. Anche Kim Kwang-seok, una star della musica sudcoreana suicidatasi nel 1996, è stata “clonata” da un’azienda di intelligenza artificiale che ha usato le sue registrazioni per generare una nuova canzone con la sua voce. Il brano è stato trasmesso in una trasmissione televisiva dedicata al cantante”.
Jo: “Ma questi purtroppo sono nomi sconosciuti al nostro pubblico. Hai da suggerirmi qualcuno più noto?”

ChatGPT4: “Kurt Cobain che, a 27 anni dalla sua morte, in Drowned in the Sun è “tornato” a cantare nei Nirvana grazie a Lost Tapes of the 27 Club, un algoritmo canadese che ha anche dato “futuristica ispirazione” per altre leggende della musica come Jimi Hendrix e Amy Winehouse. Che poi tutto ciò generi una nuova forma d’arte, o dei colossali deep-fake, c’è da dire che l’intelligenza artificiale è ormai in grado di esprimere un suo concetto di musica. Per la cronaca avrebbe già all’attivo un suo primo singolo: Daddy’s Car, frutto della tecnologia del Sony CSL Research Laboratory.

The Voice of AI

ChatGPT4: “C’è poi il caso Frank Sinatra, il leggendario crooner americano morto nel 1998, è stato “imitato” da una rete neurale artificiale che ha appreso le sue caratteristiche vocali e ha creato una cover di una canzone di Britney Spears con la sua voce”.

Jo: “Britney Spears ne sarà stata entusiasta”.

 ChatGPT4: “Ma non solo. JukeBox – un sistema di intelligenza artificiale di Open AI – si è a lungo esercitata con il suo stile fino a farne delle cover”.

Jo: “Le cover sono un fenomeno a sé. Famosa è per esempio My Heart Will Go On di Celine Dion interpretata da un Freddy Mercury redivivo. Billboard ha rilevato che solo “su YouTube e TikTok, dove l’hashtag #AICover ha oltre 3 miliardi di visualizzazioni, se ne trovano di ogni genere, più o meno riuscite“. Vi sono addirittura profili dedicati. Ma al di là dei vantaggi economici sono “miracoli” che inquietano. Forse tolgono anche il gusto di godersi la musica come siamo abituati a fare”.
ChatGPT4: “Forse. Ma questi sono solo alcuni esempi di come l’intelligenza artificiale possa “resuscitare” i cantanti; ci sono anche altre applicazioni possibili, come la creazione di voci sintetiche originali o la modifica delle voci esistenti. L’intelligenza artificiale offre grandi opportunità per l’industria musicale, ma anche grandi sfide, come la protezione dei diritti d’autore, la tutela dell’identità degli artisti e la valutazione della qualità artistica”.

Jo: “Così mi stai suggerendo che la questione etica passa in secondo piano?”.

ChatGPT4: “Esattamente. Al di là della musica esistono già molti esempi di applicazione dell’intelligenza artificiale generativa all’arte figurativa; persino i romanzi possono essere generati da algoritmi che, come noi, studiano il passato e dal passato «imparano» a volte anche meglio di quanto facciano gli uomini. E ciò che tecnicamente si definisce machine learning”.

Jo: “Molto interessante. Vediamone insieme degli esempi concreti”.

The Portrait of Edmond Belamy
Portrait of Edmond Belamy

La “nuova arte” va all’asta da Christie’s

ChatGPT4: “Ne ha fatto una rassegna Michela Rovelli sul Corriere della Sera che comprende il quadro Portrait of Edmond Belamy, un’opera creata dalle Generative Adversarial Networks (reti antagoniste generative), una tecnologia sviluppata da tre ragazzi francesi noti come il Collettivo di Obvious, allenata con i dettagli di 15 mila ritratti. «Il Gan è un sistema in grado di emulare due reti pensanti in competizione tra loro. Una crea le immagini, l’altra deve capire se sono opera dell’uomo o della macchina. Il risultato è una tela confusa e astratta composta da puntini di sfumature di beige e di marrone dove si intravede il profilo di un uomo. Un ritratto che, proprio per la sua genesi, è stato battuto all’asta da Christie’s per 432 mila dollari».

Jo: “Quindi queste opere diventano “autentiche” espressioni della creatività dell’intelligenza artificiale?
ChatGPT4: “Chi le considera dei fake sbaglia. Quando si impiegano tecniche che mirano a riprodurre lo stile di Rembrandt, per fare un esempio concreto, si ottiene una nuova opera d’arte. Come hanno fatto con il progetto giustamente denominato «The Next Rembrandt». Grazie al machine learning che, dopo aver studiato oltre 168 mila particolari dello stile dell’artista, come le proporzioni del viso, la distanza fra gli occhi e la pennellata, ha generato il suo primo dipinto composto da ben 148milioni di pixel”. Come se anche a Rembrandt l’ntelligenza artificiale avesse donato una seconda vita.

The Next Rembrandt
The Next Rembrandt

Realizzato con il parziale contributo dell’intelligenza artificiale

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