di Marco Zonetti
Vent’anni fa, e precisamente il 18 aprile 2002 in visita ufficiale a Sofia, capitale della Bulgaria, l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, rientrato da meno di un anno a Palazzo Chigi, pronunciò quello che fu definito “editto bulgaro” contro l’utilizzo a suo dire “criminoso” della televisione pubblica da parte di Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi (al secolo Daniele Fabbri). All’epoca Biagi conduceva dal 1995 Il Fatto dopo il Tg1 delle 20.00, mentre Santoro era al timone della trasmissione Sciuscià e Luttazzi di Satyricon, che un mese prima aveva ospitato Marco Travaglio in un’intervista senza peli sulla lingua in merito alle origini delle fortune economiche del Cavaliere. Tre programmi di successo che, dopo le dichiarazioni di Berlusconi, furono chiuse tout court e i tre conduttori allontanati senza mezzi termini dalla Rai, malgrado gli ottimi riscontri Auditel.
Santoro tornò in Rai nel 2006 con il suo Annozero; Biagi nel 2007, poco prima della sua morte. Per Luttazzi, invece, “l’editto bulgaro” non è mai caduto, tanto che a tutt’oggi, da ben vent’anni, resta di fatto ostracizzato dalla Tv pubblica (e non solo). Il comico nativo di Santarcangelo di Romagna ha scritto numerosi libri e saggi e firma da tempo Non c’è di che, una seguitissima rubrica sul Fatto Quotidiano, ma è a tutti gli effetti scomparso dal piccolo schermo, ormai desolantemente popolato di personaggi privi di talento. Salvo il piccolo porticciolo di Fratelli di Crozza sul Nove, la satira televisiva si è infatti dissolta nel nulla, sostituita da una pletora di programmi pseudo-comici nei quali l’attacco irriverente alle malefatte dei politici ha ceduto il posto a tormentoni perlopiù imbarazzanti ai limiti dell’infantilismo e innocui nella loro banalità, o – peggio – da giochini demenziali declinati in chiave ridanciana.
In una Tv pubblica nella quale viene dato spazio praticamente a chiunque, è sconvolgente che Daniele Luttazzi sia ancora bandito dopo vent’anni. Sui tre canali generalisti Rai va in onda dalla sera alla mattina una panoplia di talk show in cui si dà la parola praticamente a cani e porci, dalla sora Pinuccia al cantante il cui ultimo disco è uscito negli anni Cinquanta all’attore che ha lasciato il cinema quando ancora c’era il muto. Nelle interviste si offrono i riflettori ad assassini, ladri, delinquenti incalliti, truffatori. Luttazzi no. Luttazzi non è mai né invitato, né tantomeno interpellato.
A essere precisi, dopo “l’editto bulgaro”, il comico fu intervistato da Pierardo Davini nella rubrica del Tg3 Primo Piano il 24 novembre 2003. Quattro anni dopo, il 30 aprile 2007, ricomparve come ospite nel programma Rt – Rotocalco Televisivo su Rai3, curato da Loris Mazzetti e Onofrio Dispenza del Tg3, fu intervistato dallo stesso Biagi che si autodefinì suo “collega epurato”. Luttazzi fu poi intervistato nel 2009 sull’assai meno esposta Rainews24, a margine del suo spettacolo teatrale Va’ dove ti porta il clito. Ma dopo questi “scampoli” di pochi minuti, da sedici anni è l’oblio più assoluto.
Un ostracismo che non ha eguali e che si protrae non solo sui canali Rai ma anche sulle televisioni commerciali. Del resto, su ogni rete, gli stessi talk show che hanno tratto ispirazione dai programmi di denuncia di Santoro e Marco Travaglio si sono ormai tramutati in siparietti esilaranti loro malgrado, con tanto di salamelecchi cortesi-cavallereschi tra co-conduttori o tra conduttori e ospiti. “Che bella cravatta, caro…” “Oh, mia diletta, quant’è elegante quella tua fantasia a fiori…”: già, abbiamo sentito anche questo nei blasonati talk show politici di prima serata. Più che di approfondimento, programmi di “sprofondamento”, lasciateci coniare questo termine.
Vi erano state in realtà voci di un ritorno di Luttazzi in Rai all’epoca del governo giallo-verde con Carlo Freccero direttore di Rai2, ma lo stesso comico raccontò sul suo blog i motivi per cui saltò l’accordo con Viale Mazzini (censura di temi religiosi, pretese economiche inventate).
Con l’espressione “editto bulgaro” da un ventennio a questa parte ripetuta a ogni piè sospinto sui giornali e in Tv (perché fa tanto “addottorato”, signora mia), è paradossale che si continui a dimenticare – volutamente – colui che ne è ancora vittima. Insomma, per quanto tempo deve ancora durare l’esilio televisivo di Daniele Luttazzi? Qualcuno si degni di riflettere in merito.