Intelligenza Artificiale e suo sviluppo: Google può fare da garante?

Sundar Pichai, CEO di Ggogle e Alphabet, dice la sua sull'Intelligenza Artificiale
Sundar Pichai, CEO di Google e Alphabet

di Antonio Facchin

Mentre cresce l’allarmismo sullo sviluppo incontrollato dell’Intelligenza Artificiale – ma è ormai assodato che anche l’allarmismo possa diventare una forma di marketing – Sundar Pichai, il cinquantenne di origine indiana CEO di Google e Alphabet dal 2019, in un’intervista rilasciata alla CBS, esprime il suo parere sulla questione e su come affrontarla.

Ma facciamo prima un passo indietro nel tempo. Il 31 marzo scorso in un’intervista a Kevin Roose del New York Times Pichai aveva espresso rammarico per il “sorpasso” di  OpenAI, che a novembre dello scorso anno monopolizzò la scena mondiale con  l’uscita sul mercato di ChatGPT, cui seguì a ruota Microsoft con una nuova versione OpenAi enhanced di Bing, il ben noto motore di ricerca di Bill Gates. Svelando come Google stesse impegnando un pull di esperti, e cospicue risorse, per mettere a punto un nuovo search engine basato essenzialmente sulla nuova tecnologia. E annunciando soltanto il diretto coinvolgimento di Larry Page e Sergey Brin nella ricerca. Nientemeno che i due fondatori di Google, insomma.

Il tutto, in parziale disaccordo con la petizione della moratoria di sei mesi sullo sviluppo “forsennato” dell’Intelligenza Artificiale sul mercato di cui abbiamo trattato ne L’Intelligenza Artificiale fa paura anche ai suoi sviluppatori: allarme dagli USA. Petizione firmata dal concorrente al momento più illustre (e inaffidabile) al mondo: Elon Musk.

Che cos’è Bard (“Il Vate”)?

Nella stessa intervista, Pichai rivela che Google ha intanto testato Bard, vate in italiano, un modello d’Intelligenza Artificiale in fieri, tornando sull’argomento il 16 aprile scorso ai microfoni di Scott Pelley in 60 minutes, il news magazine di CBS. Spiegando che Bard non offre risposte alle domande degli utenti come Google ci ha abituati. Bard risponde su istruzione di un programma autonomo, in gran parte auto-elaborato, seppur sulla base dello scibile umano che Google ha sistematicamente “catalogato” fin dal 1998, anno della sua fondazione. Con particolare attenzione a tutti quei sentimenti, emozioni, idee, pensieri, opinioni e così via riversati su qualunque strumento, a partire da libri, romanzi e fiction.

Un Google data center

Bard avrebbe dunque acquisito tutto ciò alla stregua di un modello comportamentale, con una sua spiccata capacità di varcare i limiti della mera riproduzione, anticipando quindi risposte che hanno sorpreso gli stessi sviluppatori. Una capacità che non hanno saputo meglio definire se non creatività. Fermo restando che, ricevendo l’input “inflazione”, Bard ha risposto costruendo un autentico saggio di economia, consigliando la lettura di ben cinque testi: tutti di sua invenzione. Straordinario, ma qualcosa evidentemente ancora non va come dovrebbe.

Intelligenza Artificiale: etica, sviluppo e cooperazione tra le nazioni

Certo è che l’intelligenza artificiale sta correndo più veloce della luce in un’inedita competizione tra start-up e giganti, catapultando l’umanità nel futuro, che essa sia pronta o meno. Ciò che possiamo fare, ha dichiarato Pichai, è far sì che la società progredisca in linea con un processo di fatto inarrestabile, mettendo in atto quanto serve per punirne gli abusi con le leggi, e promuovere la collaborazione fra nazioni affinché lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale non diventi un danno per l’umanità. Sarebbe auspicabile uno sviluppo che tenga conto anche dei più nobili valori umani. Ma per questo gli ingegneri non bastano. E forse è pura utopia – aggiungeremmo – ma è certo che Google, gigante che affonda le sue radici nel motto Don’t be evil può assurgere a ruolo di garanzia.

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