M5s, quando il No alle Olimpiadi di Roma 2024 lo “decise” Massimo, il meccanico di Di Battista

Di Battista M5s Olimpiadi Roma 2024
Alessandro Di Battista

Di Marco Zonetti

Mentre l’Italia gioisce delle 40 medaglie portate a casa alle Olimpiadi di Tokyo 2020 e delle gare entusiasmanti in cui i suoi atleti hanno battuto nuovi record a gloria del Paese, ecco che già si profilano all’orizzonte i giochi del 2024 che avrebbero potuto svolgersi a Roma e che invece si terranno a Parigi, già teatro di festeggiamenti sotto la Tour Eiffel per il passaggio della bandiera olimpica. Festeggiamenti che hanno istigato il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il candidato sindaco di Roma Carlo Calenda ad attaccare via social l’attuale prima cittadina pentastellata Virginia Raggi per il “drammatico errore” di aver rifiutato di ospitare le Olimpiadi nella Città Eterna.

Il no a “Roma 2024” fu uno dei più formidabili baluardi dell’amministrazione Raggi che governa la Capitale dal 2016, un protervo e tetragono rifiuto costellato da eventi suggestivi quali il clamoroso “bidone” della sindaca al Presidente del Coni Giovanni Malagò, che nel settembre di cinque anni fa l’attese una quarantina di minuti per discutere della candidatura romana alle Olimpiadi e che, sconfitto, dovette rinunciare alle trattative quando scoprì che, mentre egli l’attendeva, la Raggi se ne stava bellamente al ristorante. “Le Olimpiadi servono ai comitati d’affari non ai cittadini, noi siamo per lo sport ma non per queste Olimpiadi” tuonava l’indomita Virginia, respingendo categoricamente quelle che, a suo dire, sarebbero state le “Olimpiadi del mattone”.

Ma accanto allo “sgarbo istituzionale” ai danni di Malagò (al quale poi, cinque anni dopo, in puro spirito pentastellato di cancellazione della memoria, la Raggi offriva le sue solenni congratulazioni per la riconferma del suo incarico di presidente del Coni), esiste un altro aneddoto “grillino” al riguardo, raccontato qualche anno fa da Alessandro Di Battista nel suo libro Meglio liberi. Lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare. Così scrive il ‘Che Guevara’ di Viale Cortina D’Ampezzo: “Ero estremamente contrario alle Olimpiadi, ma non ero sicuro che i romani la pensassero come me. In quei giorni mi domandavo se fare un referendum cittadino e proporlo durante le due settimane precedenti il ballottaggio non fosse una soluzione più morbida rispetto a un ‘no’ secco. Decisi di telefonare a Massimo, il mio meccanico, e gli chiesi di radunare un po’ di amici perché, gli dissi scherzando (ma neppure troppo), ‘dovevamo prendere una decisione politica’ “. 

Ma non è finita qui, nel libro Di Battista illustra inoltre che il meccanico Massimo: “radunò una decina di persone: l’edicolante, il fruttivendolo del quartiere, un paio di parenti, un pensionato. Io arrivai all’officina in motorino, lo parcheggiai, scesi, mi tolsi il casco e chiesi a Massimo se si trattava di persone di fiducia. Te poi fida’ disse lui. Così, quasi in modo solenne, domandai cosa ne pensassero delle Olimpiadi a Roma. Le loro risposte furono molto aspre, e non posso riportare le parole esatte per evitare querele. A ogni modo uscii dall’officina, dal mio ‘soviet’ personale tra bulloni, pezzi di ricambio e olio, e mandai un messaggio a Virginia: ‘Sulle Olimpiadi nessuna esitazione, linea durissima. La stragrande maggioranza dei romani sta dalla nostra parte“.  E il resto, come sottolinea anche Il Secolo d’Italia, è Storia.

error: Content is protected !!