Malati da video: triste storia della Rai ridotta a salotto di amici e amichetti iperpresenzialisti

Rai

Negli ultimi tempi le reti Rai, in particolare l’Ammiraglia ma non solo, sono ridotte a salottino dei soliti noti che saltano da un programma all’altro, ospiti di conduttori o conduttrici che, a loro volta, vengono poi invitati nelle trasmissioni condotte dai loro ospiti, e viceversa. Un circolo vizioso da far girare la testa, corredato da uno stucchevole sdilinquimento di bavosi salamelecchi e di insincere dichiarazioni di stima incrollabile e di amicizia eterna, profonda, indissolubile. “Noi due siamo molto amici” ribadisce il sagace padrone di casa televisivo all’ospite, che cerca di nascondere le dita incrociate per gli scongiuri. “E’ tornata a trovarci la mia cara amica”, si rivolge garrula la miracolata presentatrice alla decotta invitata, che dal canto suo sorride a 72 denti per trattenersi dal morderla alla giugulare. “Amica mia, sei un’icona di stile” sentenzia l’allegro conduttore all’onnipresente interlocutrice, abbigliata come Cicciolina, truccata come Achille Lauro e tatuata come Mike Tyson.

Personaggi che non si sa come né soprattutto perché, tra una cosa e l’altra finiscono per essere sette giorni su sette in video, mattina, pomeriggio e sera, feriali e festivi, Natale, Pasqua, Befana e Ferragosto, in un fantascientifico vortice spazio-temporale che li vede sgambettare ovunque, talvolta ubiqui, a più riprese nella stessa giornata. Un iperpresenzialismo che inquieta e che finisce per allontanare anche lo spettatore più assiduo, esasperato dalle solite immancabili facce.

Soprattutto, questo triste carosello di ospitate dei “malati da video” – ora anche gli stessi dirigenti Rai divenuti a loro volta conduttori e ospiti di programmi – dona alla Tv di Stato una tragica aura da periferica televisione locale, facendo scadere il servizio pubblico a servizio privato a vantaggio dei soliti quattro o cinque in voga al momento, presenti dappertutto poiché amici di questo o di quel pezzo grosso dell’azienda o di quell’esponente politico che va per la maggiore.

E magari ci si limitasse alla sola ospitata! Abbiamo invece casi eclatanti di subitanee ascese, e di celeri e ingiustificabili approdi alla conduzione di prestigiosi spazi finanche in prima serata, quando solo poche settimane prima il massimo al quale si poteva aspirare era una breve comparsata nei programmi mattutini a discettare di segreti di bellezza, della presunta faida tra Kate e Meghan o dell’ultimo caso di cronaca nera.

Ci si domanda per giunta se tali prezzemolini dispongano di una vita al di fuori del piccolo schermo. Secondo i resoconti giornalistici, e le loro perpetue – e perlopiù non richieste – confessioni coram populo catodico, dovrebbero avere un manipolo di figli e nipoti, una serie di compagni e compagne, un florilegio di mogli e mariti, un nugolo di amanti, uno zoo di cani, gatti, canarini, iguane, cacatua, ornitorinchi, un assortimento di giardini pensili da far impallidire quelli di Babilonia, terrazze sconfinate con mirabolanti vedute panoramiche sul tetto del mondo. Eppure vivono 24 ore su 24 relegati negli studi della Tv pubblica, alcuni da molti decenni (che pesano sul groppone del contribuente come secoli), addirittura in onda su più canali, immancabilmente in radio (divenuta ormai trampolino di lancio per fulminanti carriere), occupando militarmente ogni spazio mediatico possibile.

Mourir sur scène, cantava Dalida. Disposti a restare pervicacemente incollati sul palcoscenico fino a morire sulla scena piuttosto di lasciare anche solo per una frazione di secondo le luci della ribalta. Il problema è che, iperpresenzialisti e malati da video come sono, si rischierebbe di vederli ricomparire un secondo dopo come fantasmi.

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