Shoah: storia di Elena Colombo, la bimba che affrontò da sola deportazione e sterminio

Una scena emblematica di Schindler's List di Steven Spielberg che rievoca la tragedia dei tanti bambini vittime della barbarie nazista. Come le piccole Elena Colombo e Sissel Vogelmann
Una scena emblematica del film Schindler’s List di Steven Spielberg

di Marco Zonetti

Nella Giornata della Memoria, che cade il 27 gennaio di ogni anno per commemorare le vittime dell’Olocausto, si ricordano anche i tantissimi bambini che finirono vittime della barbarie umana. Al Memoriale della Shoah di Milano campeggia per esempio il ricordo della piccola Sissel Vogelmann, nata a Torino il 3 settembre 1935 e morta il 6 febbraio 1944, a neanche nove anni di età, nel campo di concentramento di Auschwitz. Caricata, per la sua fatale destinazione, sul convoglio numero 6 dal binario 21 della stazione di Milano. Quel binario che, prima adibito ai treni postali, fu invece impiegato durante la Shoah per deportare ebrei, partigiani, prigionieri politici – caricati su vagoni bestiame – ai campi di Auschwitz-Birkeneau.

La tragica storia della piccola Sissel – particolarmente toccanti i suoi disegni dedicati alla nonna esposti nel Memoriale – ha ispirato romanzi, raccolte di poesie e un cortometraggio, Destinazione Auschwitz – viaggio nella fabbrica dello sterminio, commentato da Liliana Segre.

E un’altra bambina ebrea, Elena Colombo, è protagonista di una storia peculiare legata all’Olocausto, raccontata dal giornalista Fabrizio Rondolino sul suo profilo Facebook. Che pubblichiamo qui di seguito.

“Elena Colombo nasce a Torino il 5 giugno 1933. Suo padre, Sandro, il fratello di mia nonna, aveva servito la patria nella Prima guerra mondiale e aveva poi aperto una piccola azienda di imballaggi per dolciumi; nel 1932 aveva sposato Vanda Foa. Nell’autunno del 1939 Elena comincia la prima elementare alla Scuola ebraica di Torino: le leggi razziali volute da Mussolini e firmate dal Re Vittorio Emanuele III le proibiscono di frequentare la scuola pubblica.

“Nel dicembre del 1942 la famiglia Colombo si trasferisce a Rivarolo Canavese per sfuggire ai bombardamenti; dopo l’8 settembre 1943, quando i tedeschi occupano l’Italia e cominciano le deportazioni degli ebrei, Elena e i genitori si rifugiano a Forno Canavese, nascosti in una baita della frazione Milani. Il 7 dicembre tedeschi e repubblichini arrivano a Forno, dove si era formata una delle prime bande partigiane, il “Gruppo Monte Soglio”, e iniziano i rastrellamenti. Nella battaglia del giorno successivo saranno catturati 18 partigiani, poi torturati e fucilati.

“In quello stesso giorno, l’8 dicembre 1943, la famiglia Colombo è arrestata e, l’indomani, portata a Torino. Dopo qualche settimana alle Nuove, Sandro e Vanda vengono trasferiti nel carcere di San Vittore, a Milano. Da qui il 30 gennaio 1944 sono deportati ad Auschwitz, dove arriveranno il 6 febbraio. Nessuno dei due è tornato. Elena invece viene affidata ad una famiglia amica di Torino, dove resterà fino al 9 marzo 1944.

“Quel giorno le SS la prelevano e la portano all’Istituto Charitas, dove tornano a riprenderla il 25 marzo per deportarla nel campo di transito di Fossoli (Modena). Da qui, il 5 aprile, Elena parte da sola per Auschwitz, dove arriverà la mattina del 10 aprile. Il giorno stesso è mandata alla camera a gas. Aveva 10 anni e 10 mesi. Elena Colombo è l’unico caso documentato nella Shoah italiana di un bimbo che ha dovuto affrontare da solo l’arresto, la deportazione, lo sterminio“.

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