di Marco Zonetti
Una ragazza cinese si appresta a fare il bucato, le si avvicina un ragazzo di colore, lei lo attira a sé e lo infila in lavatrice, vedendone poi uscire un aitante ragazzo cinese – sbiancato – con il quale inizia a flirtare.
Lo spot in questione, realizzato in Cina per promuovere il detersivo Quiaobi, risale al 2016 ed è assai probabilmente uno dei più “razzisti” del mondo, con il suo “whitewashing” (candeggio, sbiancamento) di una persona di colore, lasciando intendere che i neri siano sporchi e che quindi lavati possano tornare bianchi… o quanto meno asiatici nel caso del detersivo di cui sopra.
Lo spot fece molto scalpore all’epoca, non tanto nel nostro Paese, benché l’Italia fosse stata chiamata in causa dal proprietario della Quiaobi. Investito dalle polemiche, questi diceva di essersi ispirato a una pubblicità di Coloreria Italiana del 2007, nella quale tuttavia il messaggio era diametralmente opposto. In lavatrice veniva infatti infilato un uomo bianco e mingherlino per farne uscire un aitante e muscoloso uomo di colore, con lo slogan: “Colorato è meglio”.
Lo spot della Quiaobi era finito nel dimenticatoio, quando invece Striscia la Notizia condotto da Vanessa Incontrada e Alessandro Siani lo ha riesumato sulle scia delle polemiche con Tommaso Zorzi che ha aspramente criticato una battuta del comico napoletano: “Se si strizzano le mozzarelle di bufala cinesi esce il latte di mandorle”. Una battuta per la quale Zorzi ha anche attaccato la Incontrada, accusandola di aver osato ridere della boutade, “proprio lei che si batte contro il body shaming“. Per replicare a Zorzi, Striscia ha mostrato quindi un video in cui il vincitore del Grande Fratello Vip bestemmia, sottolineandone la “statura morale”.
Ma baruffe con Zorzi a parte, quel che è davvero interessante è invece il riferimento di Striscia al silenzio riguardo allo spot del detersivo cinese da parte del sito americano Diet Prada, “l’account instagram più temuto del mondo della moda”, che all’inizio si occupava di denunciare i plagi di importanti stilisti ai danni degli emergenti (salvo poi finire a collaborare con gli stessi importanti stilisti…), e che invece poi è diventato una specie di baluardo politically correct.
Diet Prada, nato nel 2014 e gestito – per qualche anno anonimamente – dai due trentenni Lindsay Shuyler e Tony Liu, scatenò nell’aprile 2021 un putiferio mondiale contro il Tg satirico di Antonio Ricci quando Michelle Hunziker e Gerry Scotti, commentando un servizio di Pinuccio, imitarono la parlata cinese allungando gli occhi e utilizzando la elle al posto della erre. Un siparietto del tutto innocente che venne considerato tale anche dalla comunità cinese di Milano, ma che invece fu sbattuto sull’account Instagram di Diet Prada, con i suoi milioni di follower, gridando all’affronto e chiamando in causa la Trussardi per razzismo. Michelle Hunziker, compagna di Tomaso Trussardi, ricevette addirittura – assieme a Gerry Scotti – minacce di morte e fu costretta finanche a scusarsi.
Come del resto fecero anche Dolce & Gabbana nel 2018, quando Diet Prada sbatté il mostro in “homepage”, mettendoli alla gogna per uno spot razzista contenente – a detta di Schuyler e Liu – stereotipi offensivi e macchiettistici nei confronti della cultura cinese. Travolti dalle polemiche scatenate dal sito americano, che innescarono proteste e boicottaggi del brand italiano in Cina con conseguenti cancellazioni di sfilate-evento, i due stilisti italiani furono costretti a girare un video di scuse, mentre alcuni messaggi privati di Stefano Gabbana indirizzati a una collaboratrice di Diet Prada, nel quale il designer rispondeva con ulteriori offese alla Cina, venivano resi pubblici da Schuyler e Liu. La casa di moda italiana ha successivamente citato in tribunale Diet Prada per diffamazione chiedendo risarcimenti faraonici: tre milioni di euro nei confronti dell’azienda, un milione nei confronti di Stefano Gabbana e oltre cinquecento milioni per i danni dovuti ai boicottaggi.
Intanto, la faida tra Diet Prada e i due stilisti italiani è lungi dall’essersi sopita, visto che l’account ha qualche settimana fa pubblicato con sadica soddisfazione il video di una violenta grandinata che ha interrotto una sfilata di Dolce & Gabbana a Venezia, fomentando i follower che hanno gioito chiamando più volte in causa il “karma”.
Chissà se, nella foga di difendere la Cina tout court – uno dei fondatori di Diet Prada, Tony Liu, è di origine cinese – l’account più temuto dal mondo della moda si occuperà mai del problema razzismo e discriminazione nella sua patria d’origine, esacerbati durante la pandemia da Covid-19 contro i lavoratori di origine africana, ghanesi, nigeriani, sudanesi, ugandesi, tacciati di essere portatori del virus. Tanto da far intervenire non solo l’Unione Africana, ma anche gli Stati Uniti per chiedere spiegazioni a Pechino. Senz’altro, sullo spot cinese con lo “sbiancamento” del ragazzo di colore, Diet Prada non ha mai eccepito.