Tg1, FdI vuole l’esterno Chiocci. Laganà: “Dovere della Rai valorizzare interni”

Fratelli d'Italia vuole Gian Marco Chiocci (Adnkronos) alla guida del Tg1
Gian Marco Chiocci, direttore dell’Adnkronos

di Marco Zonetti

Con le dimissioni di Alessandra De Stefano dalla direzione di RaiSport (momentaneamente sostituita da Marco Franzelli ad interim), è entrata nel vivo la guerra per le nomine Rai che vede il Centrodestra, e Fratelli d’Italia in primis, tentare di occupare più militarmente che mai Viale Mazzini. Un piano di conquista che supera anche quello attuato da Silvio Berlusconi nel 2001, come sottolinea il coordinatore di Articolo 21 Beppe Giulietti. Un disegno che mira a creare “una nuova egemonia culturale”.

Si basa su questi presupposti l’idea di affidare a Gian Marco Chiocci, vicino a Giorgia Meloni, già direttore del Tempo e ora dell’Adnkronos, la direzione del Tg1 sostituendo Monica Maggioni e scavalcando così a piè pari una pletora di giornalisti interni Rai.

L’approdo di Chiocci al timone del principale notiziario Rai potrebbe mettere d’accordo lo stesso presidente del M5s Giuseppe Conte, anch’egli agguerritissimo in questa “manovra di accerchiamento” a Viale Mazzini, in cambio di poltrone in cui piazzare suoi uomini di fiducia. Uno di essi è Giuseppe Carboni, già direttore del Tg1 in quota pentastellata, e ora forse diretto a Rai Parlamento dopo due anni in “panchina”.

Un’ipotesi di nomina, quella di Chiocci, che tuttavia scontenta il sindacato USIGRai, determinato com’è ovvio a privilegiare i giornalisti interni (e i suoi iscritti). E che trova in disaccordo il consigliere di amministrazione in quota Dipendenti Riccardo Laganà, che lo ribadisce chiaro e tondo in un’intervista al quotidiano La Repubblica.

La valorizzazione delle risorse interne è un dovere sottoscritto pure nel contratto di servizio” ribadisce Laganà. “In Rai ci sono professionalità che attendono da tempo la loro occasione senza riuscire a vedersi assegnati programmi, budget o spazi di palinsesto, affidati invece ad altre, gradite al governo di turno“.

E ancora: “La Tv pubblica si difende anche dicendo dei no, rifiutando le pressioni esterne. Chi cede, spesso per non infastidire qualcuno in alto, dovrebbe riflettere su cosa significa guidare una grande azienda e magari fare un passo indietro se davvero vuole il bene della Rai“.

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