Clara e le ombre: la graphic novel che insegna ai giovani a combattere il bullismo

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Clara e le ombre: il bullismo protagonista di una graphic novel che educa i giovani all’empatia

Un graphic novel sul bullismo: Clara e le ombre

Da qualche mese il bullismo è in libreria. E non in un nuovo saggio di psicologia dell’età evolutiva, bensì in veste di graphic novel, una delle forme migliori per arrivare ai giovani, con Clara e le ombre. Nata dall’esperienza di sceneggiatore di Andrea Fontana e dalla matita di Claudia Petrazzi per Editrice il CastoroClara e le ombre è un’opera d’esordio che tratta di contrasti già dal titolo.

Questa, in breve, la sua trama. Stati Uniti, anni ’80. Una dodicenne (Clara), a causa dell’abbandono della famiglia di sua madre, lascia con suo padre New York per trasferirsi in una cittadina del Vermont, Brattelboro. Clara soffre di una lieve forma di epilessia che le ha reso l’infanzia difficile e minato la sua sicurezza. Ad aggravare la situazione il rapporto difficile con il padre. Che considera un’opportunità ripartire da zero in una nuova città, e la migliore occasione per lasciarsi alle spalle ricordi tristi e dolorosi. Per Clara invece quel trasferimento reca con sé nuovi incubi. E il ritorno di quelle ombre spaventose che sono infauste compagne dei primi anni di vita di tanti bambini. Ombre che, nel suo caso, la perseguitano rendendola ancora più vulnerabile.

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A scuola poi è una “forestiera” e, come tale, emarginata; prima come oggetto di scherno, poi di bullismo vero e proprio. Ed è sola a scuola quanto lo è in casa dove non riesce a stabilire un dialogo con un padre che ritiene il principale responsabile della sua situazione. Clara cadrà dunque nella disperazione che vivrà in solitudine fino all’incontro con quattro “strani” studenti del suo stesso istituto scolastico.

Quattro amici considerati diversi dai più e per questo bersaglio come lei dei bulli della scuola. Nel frequentarli Clara scopre di non essere sola perché ognuno di loro ha ombre e fantasmi contro cui lottare; e che la normalità è una parvenza. Ma scopre soprattutto che l’unione fa la forza. Al punto che i cinque amici, uniti, si lasceranno alle spalle tutte quelle ombre – e con esse anche i bulli –  per seguire le tracce di un risvolto tanto misterioso quanto tragico della vicenda.

Il tutto in un’opera ricca di rimandi più o meno espliciti alla cultura degli anni Ottanta, con una strizzatina d’occhio allo Stranger Things di Netflix.

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Bullismo e cyberbullismo

Il bullismo, e la sua ancor più insidiosa declinazione cibernetica, il cyberbullismo, rappresentano violazioni del diritto all’istruzione di un alunno o alunna. Quindi violazioni dei diritti umani, poiché possono comportare l’abbandono scolastico e indurre addirittura le vittime al suicidio.

Grave praticarli, ma ancor più grave è ignorarli; soprattutto se a farlo sono insegnanti e dirigenti scolastici. Dal 2015 nel nostro paese bullismo e cyberbullismo sono combattuti, a partire dagli anni di formazione scolastica, per legge. Prima fra tutte la 107/2015, nota come riforma della buona scuola, cui ha fatto seguito la Legge 71/2017 che ha introdotto la figura di un insegnante con compiti di coordinamento delle iniziative di prevenzione e contrasto di entrambi i fenomeni all’interno di ogni istituto scolastico.

E che tale insegnante sia affiancato da uno psicologo quando non addirittura, per casi gravi, dalle forze dell’ordine. E se la campagna di sensibilizzazione che nel 2003 fece seguito a una serie di casi di cronaca di bullismo scolastico è stata debole, ha comunque portato in primo piano il problema. Evidenziando l’importanza dell’educare alla gestione delle emozioni e all’esercizio dell’empatia. E ha sottolineato il ruolo degli insegnanti – e dei “pari d’età” in virtù della loro ulteriore efficacia – se adeguatamente formati.

Caratteri identificativi del bullismo

Il primo che diede una teorizzazione del bullismo fu lo psicologo scandinavo Dan Olweus che, nel 1993 lo definì un comportamento aggressivo da parte di un individuo, se non di un gruppo, ripetuto nel tempo, ai danni di una vittima che spesso non riesce a difendersi. Ne delineò così i tre principali caratteri: la natura intenzionale dell’atto, la ripetitività del comportamento e lo squilibrio di potere tra le parti coinvolte.

Nel cyberbullismo a queste caratteristiche si associa anche il danno che deriva dalla diffusione nel web del messaggio lesivo. Messaggio che, proprio per le dinamiche della rete, può far perdere molte delle sue tracce e permanervi, replicandosi all’infinito.

Prevenire è meglio che curare: il ruolo centrale dell’educazione all’empatia nella prevenzione del bullismo

Il bullismo è un fenomeno psicologicamente molto complesso che vede, in genere, chi lo esercita esserne stato vittima prima di diventare carnefice. Innescando potenzialmente una reazione a catena. Detto più semplicemente, è la manifestazione di un malessere che ne genera uno ulteriore in entrambi i “ruoli”.

E poiché il bullismo è fenomeno sociale, esso coinvolge dinamiche di gruppo che tendono alla deresponsabilizzazione: di chi lo pratica e di chi vi assiste. Il più delle volte si ricorre alla cura quando ormai è troppo tardi e, di conseguenza, punirlo potrebbe essere inutile. Meglio sarebbe creare la cultura di un rispetto reciproco attivo, consapevole, basato sull’empatia. Vale a dire la capacità d’identificarsi con gli stati d’animo altrui, di capire e condividere (nel senso di partecipare, fare anche propria) la sofferenza dei propri simili.

Dote che in molti individui è innata, ma che nel caso di altri non lo è affatto, oppure perduta per effetto di violenze subite. L’empatia distingue all’interno del gruppo sociale quei “pari d’età” che possono ricoprire il ruolo più efficace nella prevenzione e cura del fenomeno. Questo perché sono capaci d’individuare quella sofferenza che non trova sempre espressione, e le dinamiche sottese sulle quali intervenire.

L’importanza della formazione

Ma occorre una formazione adeguata e il sostegno di insegnanti competenti in materia. Insomma, è la dote empatica a fare di un giovane il leader di un gruppo, e non l’esercizio del sopruso. Ma questo potrebbe non bastare. Sta di fatto che ormai si hanno a disposizione gli strumenti adeguati per intervenire, quasi chirurgicamente, su un problema che affonda le proprie radici nella cosiddetta Regola d’Oro e all’etica della reciprocità. Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.

Photocredit: © Editrice Il Castoro

Antonio Facchin

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