di Antonio Facchin
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Dopo il conclamato fallimento del Metaverso, e la recente flessione di Facebook, che si assimila a un generale disincanto da social – eccezion fatta forse per Instagram in virtù della sua minima richiesta di prestazione – Mark Zuckerberg è comparso recentemente dinanzi alla Comitato giudiziario del Senato degli Stati Uniti dopo che alcune famiglie americane hanno ritenuto Meta “responsabile” degli squilibri comportamentali dei propri figli, sfociati in alcuni casi addirittura nel suicidio. Squilibri indotti consapevolmente attraverso alcuni contenuti non richiesti. Di fatto centinaia di famiglie si son mosse anche contro TikTok e YouTube (marchio del gruppo Alphabet insieme a Google) perché ritenuti responsabili di indurre gli adolescenti in età scolare alla dipendenza da social, con grave danno per la loro salute mentale.
Ma non è tutto: anche il sindaco di New York Eric Adams ha deciso di scendere in campo per conto della città che governa, esprimendo il suo allarme anche contro Snapchat – oltre ai social già “incriminati” – come raccontato recentemente da Massimo Basile su Repubblica. Con l’accusa di aver «alimentato una crisi mentale tra i giovani su scala nazionale» e in particolare sui giovani newyorkesi «a livelli che non si erano mai visti».
Un caso senza precedenti
«New York» ha dichiarato Adams «è la prima grande città americana a compiere un passo di questa dimensione per denunciare direttamente e in modo chiaro il pericolo dei social media».
«I nostri giovani – ha accusato Adams – stanno sperimentando livelli mai visti di angoscia , mancanza di speranza e persino pensieri suicidi, messi sotto pressione da contenuti che loro stessi non richiedono»; tutte cause per cui sono state avanzate le accuse di mancato controllo, negligenza “spericolata” e messa a rischio del benessere pubblico.
«La dipendenza dei giovani dalle piattaforme, ha spiegato il sindaco, provoca una crisi mentale che costa alle casse della città cento milioni di dollari l’anno di soldi dei contribuenti» per cui le scuse pubbliche pronunciate dinanzi alla commissione del Senato il mese scorso da Mark Zuckerberg non sono bastate ad abbassare i toni dello scontro.
La risposta dei social big tech
TikTok ha tuttavia promesso di continuare a lavorare senza rischi per la comunità, ricordando di aver inserito un automatismo temporale per soli sessanta minuti di connessione per chi ha meno di diciotto anni. Snapchat dal canto suo ha spiegato di operare direttamente sulla fotocamera, senza incoraggiare l’uso passivo del medium; e sopratutto di non prevedere like e commenti. Mentre Google, cui YouTube fa capo, ha dichiarato di aver tenuto sempre al centro del suo business la garanzia di un ambiente di navigazione sicuro, offrendo una sana esperienza online agli utenti più giovani; rinviando così le accuse al mittente. La dipendenza da social è un fenomeno che tuttavia non ha confini generazionali.