Green Border e Mur: storie dall’altra frontiera, proibita e dimenticata

di Antonio Facchin

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Agnieszka Holland, regista di Green Border, premio speciale della Giuria a Venezia 80
Agnieszka Holland, regista di Green Border, Premio speciale della giuria a Venezia 80

L’80°Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia che si è da poco conclusa non ha solo dato maggiore rilevanza mediatica al problema della migrazione dall’Africa sub-sahariana all’Europa grazie al successo di Io Capitano di Matteo Garrone. Ha anche mostrato come sia cambiato nel tempo il modo in cui i registi europei raccontano il fenomeno della migrazione. “Si è passati dall’analisi della situazione dei migranti che si trovano già in Europa – si veda The Old Oak di Ken Loach o Tori e Lokita dei fratelli Dardenne – a quella di chi si ritrova bloccato ai confini, nel disperato tentativo di entrare. Mentre le notizie sulla crisi dei migranti conquistano sempre meno titoli di giornale, queste nuove pellicole ricordano le migliaia di persone che ancora soffrono e muoiono ai confini della fortezza Europa” ha scritto Scott Roxborough, corrispondente di The Hollywood Reporter per la televisione e cinema europei.

La neo regista Kasia Smutniak sul set di Mur
La neo regista Kasia Smutniak sul set di Mur

Green Border (Zielona granica), il film in bianco e nero (come fosse un documentario) di Agnieszka Holland premiato dalla giuria del Lido, e Mur, il documentario d’esordio alla regia di Kasia Smutniak presentato al Toronto International Film Festival (7-17 settembre) ne sono la dimostrazione. Polacche d’origine, le due registe hanno scelto di raccontare il dramma di chi – in fuga prevalentemente da Africa, Siria e Afghanistan e attratto dall’offerta di Aleksandr Lukashenko di un facile accesso in Europa – si è ritrovato bloccato alla frontiera tra Bielorussia e Polonia da un muro invalicabile lungo 186 chilometri, fatto erigere da Mateusz Morawieiecki il premier nazionalista polacco.

Prigioniero dunque di una zona impervia dal clima ostile, in una condizione che è diventata ben più grave dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ma se il conflitto russo-ucraino era prevedibile, preparando così l’accoglienza “silenziosa” in Europa di migliaia di cittadini del paese invaso, al confine polacco-bielorusso – zona di grande importanza strategica – restano brutalmente respinti, perlopiù africani, asiatici e mediorientali: pedine di una crudele partita a scacchi fra i due leader.

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Green Border

Frontiera verde: questa il nome del sottile spazio di terra che separa Polonia e Bielorussia e che nell’omonimo film di Agnieszka Holland vede le vite di Julia, psicologa polacca e neo-attivista, e di Jan, giovane guardia di frontiera, intrecciarsi con quelle di una famiglia siriana in fuga verso la Svezia. Storie di personaggi che scorrono inizialmente su binari paralleli e distinti, ma lentamente si incontrano fino a intrecciarsi, offrendo via via con estrema chiarezza un quadro sempre più complesso, articolato e lucido di una grave crisi umanitaria che perdura dal 2014, di cui si parla sempre meno.

Diviso in quattro capitoli, il film racconta le vicende di una famiglia siriana nel tentativo disperato di varcare la frontiera, e l’esperienza di Jan, soldato polacco di guardia al confine. Ma a fare da raccordo è la storia personale della psicologa Julia, interpretata da Maja Ostaszewska, attrice nota in Polonia, nel momento in cui sceglie di impegnarsi in prima persona nel soccorso clandestino.

Maja Ostaszewska in una scena di Green Border
Maja Ostaszewska in una scena di Green Border

Per quanto sia quasi impossibile avere un accesso a quelle aree, la regista ha raccontato di aver raccolto numerose testimonianze dirette della crisi al confine. “Quelle dei protagonisti sono storie quindi fondate su dati reali, ma attraverso il racconto di finzione dell’esperienza della famiglia siriana, del soldato Jan, di Julia e di tutte le figure che fanno da corollario, la regista e cosceneggiatrice, passando con maestria dal particolare all’universale, conferisce concretezza e umanità alla cronaca di una crisi oltre che umanitaria anche culturale e politica che riguarda l’Europa intera”, come evidenziato da Yania Amitrano sulle pagine di Ciak.

Agnieszka Holland sul set del film Grren Border
Agnieszka Holland sul set del film

La storia insegna

Già candidata agli Oscar nel 1990 per Europa Europa, Agnieszka Holland con Green Border torna dunque a riflettere sul continente che rappresenta per buona parte dell’umanità il sogno della democrazia, della cultura e dei diritti, ma che al tempo stesso è tuttora teatro di alcuni dei peggiori crimini contro l’umanità.  Ma c’è di più, e lo scopriamo da una dichiarazione rilasciata dalla regista a Scott Roxborough: “La situazione è molto pericolosa per il futuro dell’Europa perché, se accettiamo questa violenza come risposta ai problemi politici, se dimentichiamo i diritti degli esseri umani solo perché sono ‘illegali’ o neri o altro, il passo successivo sarà ucciderli. Ho fatto tre film sull’Olocausto (Europa EuropaIn Darkness, L’ombra di Stalin), e so quanto sia facile oltrepassare il punto di non ritorno, dove la violenza non fa che moltiplicarsi”.

Green Border
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