L’ambientalista Soumahoro e “il diritto alla moda”, industria fra le più inquinanti

Aboubakar Soumahoro intervistato da Corrado Formigli a Piazza Pulita su La7
Aboubakar Soumahoro intervistato da Corrado Formigli a Piazza Pulita su La7

di Marco Zonetti

“Non mi ha creato nessun imbarazzo. Ritengo che il diritto all’eleganza, il diritto alla moda, è una libertà.” Così rispondeva qualche giorno fa a Piazza Pulita su La7 il sindacalista, attivista e Deputato Aboubakar Soumahoro alle domande di Corrado Formigli, che gli chiedeva se non si sentisse a disagio per le discusse foto della moglie Liliane Murekatete fasciata in abiti griffatissimi e onusta di lussuosi accessori del marchio Louis Vuitton.

Scatti che hanno fatto divampare un infuocato putiferio mediatico-istituzionale, poiché del tutto dissonanti con l’immagine del neo Deputato di Alleanza Sinistra e Verdi presentatosi per la prima volta in Parlamento con gli stivali “che hanno calpestato il fango della miseria… gli stivali della lotta … per rappresentare sofferenze, desideri, speranze”. E ancor più dissonanti a fronte delle accuse delle quali Liliane Murekatete è chiamata a rispondere, ovvero le presunte malversazioni di erogazioni pubbliche e le – sempre presunte – condizioni “malsane” in cui sarebbero stati costretti a vivere i migranti di cui si occupavano le coop gestite dalla donna e dalla madre. Migranti lasciati, secondo alcune testimonianze, senza acqua né cibo per giorni. Tutto da dimostrare, ovviamente e occorre ribadire che Aboubakar, dichiaratosi del tutto estraneo alla suddetta vicenda, al momento attuale non risulta indagato.

Ma torniamo alle dichiarazioni (che non hanno convinto nessuno e che, anzi, hanno fatto ulteriormente infuriare più o meno tutti come documentato da Striscia la Notizia) sul “diritto all’eleganza e alla moda” in riferimento alle griffe sfoggiate dalla moglie. Peccato che, in diretta, Formigli non abbia ricordato all’ambientalista Soumahoro che l’industria della moda è considerata una delle più inquinanti al mondo, poiché “è responsabile del 20% del consumo d’acqua globale e rilascia negli oceani mezzo milione di tonnellate di microfibre all’anno (pari a circa 50 miliardi di bottiglie di plastica)”. E guarda caso una delle bestie nere degli ambientalisti è proprio Louis Vuitton, in quanto parte del colosso francese LVMH che controlla la bellezza di settanta marchi fra alta moda, orologi, gioielli, vini e liquori, editoria, grande distribuzione e alberghi di lusso.

Al punto che l’anno scorso in occasione della Fashion Week di Parigi, al grido di Consumismo = Estinzione, gli attivisti del movimento Extinction Rebellion hanno fatto irruzione con degli striscioni sulla passerella di Louis Vuitton per denunciare l’impatto dell’industria della moda sui cambiamenti climatici.

Che c’entra Soumahoro? Ebbene, sempre l’anno scorso l’attivista e sindacalista ivoriano aveva lanciato una campagna nazionale Ecologia Popolare, “per una giustizia climatica fondata sulle rivendicazioni della lotta e del conflitto sociale che hanno bisogno di entrare a far parte del dibattito sul nostro modello di sviluppo”. E per l’occasione lo stesso Soumahoro assieme ai suoi Invisibili in Movimento aveva chiamato a raccolta i diversi attori della società che lavorano per l’emergenza climatica. All’appello avevano risposto Legambiente, i lavoratori della Whirlpool, i ragazzi di Friday for Future e dulcis in fundo proprio i giovani (più volte finiti sotto i riflettori di Dagospia) di Extinction Rebellion.

Cosa ne penseranno questi ultimi del “diritto alla moda” invocato da Soumahoro per giustificare la passione della moglie per l’odiatissimo Louis Vuitton? Sarebbe interessante saperlo. Ma soprattutto, possibile che l’ambientalista Soumahoro non sappia che il marchio sfoggiato dalla moglie, e la multinazionale francese di cui esso fa parte, siano nel mirino dei suoi colleghi ambientalisti?

Basti pensare che Bernard Arnault, Amministratore Delegato di LVMH, ha venduto recentemente il suo jet privato per sfuggire al radar degli attivisti per il clima che ne seguivano i tanti inquinantissimi spostamenti in giro per il mondo pubblicandoli su Twitter. Arnault non ha mai però avuto la minima intenzione di convertirsi ai voli di linea meno nocivi all’ambiente, semplicemente noleggia di volta in volta altri jet privati così “nessuno può vedere dove va il co-fondatore di Louis Vuitton” infischiandone bellamente dell’impatto climatico. Qualcuno lo dica a Soumahoro (e a chi lo intervista…).

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