di Antonio Facchin
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La libertà e il pluralismo dei media sono una componente essenziale della democrazia e dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione Europea; una vera democrazia non può infatti esistere senza media liberi che sorveglino l’attività di coloro che detengono il potere. Questo è solo l’incipit di Libertà dei media nell’UE. A un passo dal rinnovo della governance europea, e in una fase storica di rara complessità, il diritto alla pluralità dell’informazione sta correndo rischi seri anche nelle democrazie. In un anno in cui la metà della popolazione globale è chiamata alle urne, in un crescendo di conflitti di cui si ha facoltà di intervenire, perlopiù, nel definirli.
I nemici dell’informazione in democrazia
Nei paesi democratici l’informazione, anche se in un quadro di pluralità, è minata principalmente da misinformazione (come quella che spianò la strada alla Presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump nel 2017, minaccia ora “potenziata” con intelligenza artificiale), il ricorso a norme restrittive sulla libertà di stampa varate recentemente da alcune nazioni europee (tra cui l’Italia), il ruolo propagatore di fake-news dei social network e, infine, dalla stessa volontà politica. Ma uno dei più pericolosi fattori di rischio della libertà di stampa in Europa risiede nella concentrazione degli organi d’informazione nelle mani di pochi uomini d’affari; tanto più se appartenenti allo stesso ambiente sociale ed economico, nonché schieramento politico.
La legge europea per la libertà dei media
L’Unione Europea riveste anche in questa materia un ruolo di garanzia grazie alla Legge europea per la libertà dei media (EMFA): un progetto di legge al vaglio dal 2022 che potrebbe essere l’ultimo da approvare, e la prima normativa da ratificare a cavallo delle elezioni di giugno, diventando così il baluardo europeo a tutela della pluralità d’opinione, espressione e stampa.
Oltre agli house-organ dell’istituzione ne informa una piattaforma online multimediale, multiculturale, ma soprattutto indipendente, chiamata Display Europe. Costituita nell’ottobre 2023 con l’obiettivo di promuovere uno spazio pubblico digitale europeo incentrato sul bene comune della società civile, Display Europe nasce dall’intento di professionisti della comunicazione di promuovere un’informazione e giornalismo liberi, da affiancare a quello “istituzionale”, nel pieno rispetto delle linee guida del Journalism Trust Iniative, l’iniziativa sans frontières nata nel 2019.
La concentrazione dei media in Italia
Una delle più diffuse minacce alla libertà di informazione risiede indubbiamente nella concentrazioni di proprietà di media da parte del mondo imprenditoriale, il cui avamposto è stato in Italia Silvio Berlusconi, come ricorda Giovanni Valentini ne Il romanzo del giornalismo italiano (La nave di Teseo, 2023). Il leader politico recentemente scomparso, proprietario del più articolato polo mediatico italiano, è stato un esempio per molti: dalla famiglia Agnelli di nuova generazione, che la stampa “accreditata” dà in trattative in corso avanzato per la vendita del Gruppo Gedi (di cui è proprietario con La Repubblica, La Stampa e Il Secolo XIX) ad Antonio Angelucci, imprenditore della sanità privata capitolina, passato dagli scranni del Popolo delle Libertà di Silvio Berlusconi a quelli de La Lega di Matteo Salvini; già proprietario de Il Tempo, Libero e Il Giornale. Ma da ben prima di lui il costruttore Francesco Romano Caltagirone è editore de Il Messaggero, Il Mattino di Napoli, Il Gazzettino di Venezia e di una miriade di altre testate regionali. Come gli imprenditori petroliferi Monti-Riffeser, cui rispondono i direttori de Il Giorno (Milano), Il Resto del Carlino (Bologna) e La Nazione (Firenze). Ultimo, ma non per importanza, è poi Urbano Cairo, azionista di maggioranza RCS (Rizzoli Corriere della Sera) nonché patron de La7, il canale televisivo che raggruppa il gotha del giornalismo italiano, perlopiù “migrato” dalla Rai come Lilli Gruber e Giovanni Floris fino ai “recenti” Corrado Augias e Massimo Gramellini.
Le concentrazioni mediatiche nei paesi europei
Ma il fenomeno della concentrazione dei media è in ascesa anche in Europa, dove l’americano Rupert Murdoch ha solo recentemente “abdicato” la proprietà di Fox News e The Sun. Nel Regno Unito Jonathan Harmsworth è l’aristocratico proprietario del 40% della stampa nazionale, mentre in Germania il Gruppo Bertelsmann pubblica libri, trasmette da canali televisivi e radiofonici e produce film. E anche l’Ungheria “vanta” un suo agglomerato mediatico. Ma un caso a sé rappresenta il magnate francese Vincent Bolloré, titolare del gruppo Canal+ (con i canali nazionali C8, Cnews e CStar, oltre a Prisma média che gestisce ben 35 riviste). Il gruppo Bolloré possiede anche la piattaforma video Dailymotion, il colosso editoriale Hachette e il canale radiofonico Europe 1. Da diversi anni, l’uomo d’affari francese (azionista anche in Mediaset e Telecom Italia) perseguirebbe una strategia che consiste nell’orientare sempre più a destra i marchi che acquista; pratica già più volte denunciata.
Altro rischio risiede poi nelle “modalità di finanziamento delle aziende che si occupano di informazione, che consentono a investitori influenti di interferire nella formazione dell’opinione pubblica”, come riferisce Voxeurop su Display Europe. Un fattore ineludibile nel momento in cui le aziende dell’informazione si fondono “per consolidare i propri marchi, come evidenziato nel rapporto Media Pluralism Monitor (MPM 2022), realizzato dal Centre for Media Pluralism and Media Freedom”.
La stima del Media Pluralism Monitor
L’Unione Europea ha tuttavia ben chiaro che “L’espressione e la diversità di opinioni sono essenziali per una democrazia: sono garanti del pluralismo, cosa che implica un equilibrio tra voci divergenti”. I proprietari e gli azionisti dell’industria editoriale esercitano un’inevitabile influenza sulla linea editoriale delle loro aziende. Che è poi il vero investimento di coloro che comprano imprese editoriali, sempre più ambite ma mai redditizie. Così nel 2022, “il Media Pluralism Monitor ha stimato che il rischio associato alla concentrazione dei media negli Stati membri dell’Unione europea è in media dell’82 per cento. Nessun paese del continente europeo presenta un rischio basso e solo 4 un rischio medio”. Valutazione che tiene conto di variabili legali (se cioè il paese abbia una legislazione che impedisce la concentrazione dei media, e se è applicata da un’autorità indipendente perché sia efficace), nonché di variabili economiche (se la situazione finanziaria del settore sia considerata più o meno favorevole alla concentrazione dei media).
Una garanzia di tutela per il giornalismo investigativo
La Legge europea per la libertà dei media (EMFA) non solo istituirà un quadro comune per i servizi nell’ambito del mercato interno dell’Unione, ma introdurrà anche misure volte a proteggere i giornalisti e i fornitori di servizi di media da ingerenze politiche, facilitandone l’attività intra-comunitaria. Soprattutto in caso di procedimenti giudiziari infondati o abusi contro giornalisti atti a impedire, limitare o screditare il loro impegno su questioni d’interesse pubblico. Il regolamento proposto risponde alle fondate preoccupazioni in seno all’UE per la crescente politicizzazione dei media e la mancanza di trasparenza in merito alla proprietà degli organi d’informazione e all’allocazione dei fondi pubblici per la pubblicità sui loro canali, senza distinzione alcuna tra media pubblici e privati. Proteggendo non solo i giornalisti, ma anche le loro fonti, a garanzia della libertà di espressione e di pluralismo nei media.
Prima di diventare diritto dell’UE, il testo così concordato subirà almeno un’ulteriore revisione tecnica, prima del vaglio dei “colegislatori” dell’Unione: il Consiglio e il Parlamento europeo. Con l’obiettivo di adottare formalmente il regolamento nella primavera 2024, cioè prima delle prossime elezioni.