di Antonio Facchin
Storia della televisione italiana: le origini
In principio c’era Guglielmo Marconi. E alla sua scoperta della possibilità di comunicare via etere grazie alle sole onde elettromagnetiche (senza fili) si deve l’invenzione della radio. E della televisione (utilizzava infatti lo stesso vettore) che nacque di fatto tra il 1922 e il 1936 in Inghilterra, dove Marconi collaborava già da tempo con la Corona.
E negli anni settanta del secolo scorso Renzo Arbore e Gianni Boncompagni avevano ben motivo di cantare, dai microfoni di Alto Gradimento, no non è la BBC, questa è la Rai, la Rai tv perché quando la Rai nacque (1954), la British Broadcasting Corporation era già la prima emittente radiofonica (1922), poi anche televisiva (lo divenne per statuto nel 1936 ma la sperimentazione iniziò nel 1927), nel mondo. La trasformazione avvenne in un lasso di tempo relativamente breve perché un conto era trasmettere i suoni, ben altro associarvi delle immagini.
Dall’invenzione della radio alla televisione
Fu uno studente tedesco, Paul Gottlieb Nipkow, che nel 1885 brevettò il principio elettromeccanico alla base dell’elaborazione delle immagini televisive. Ma il primo a consentire l’elaborazione e trasmissione di immagini in movimento fu l’ingegnere scozzese John Logie Baird, cui si deve il prototipo del televisore.
In Italia tuttavia la televisione elettromeccanica fu sostituita da quella di nuova generazione: la televisione elettronica, quella del tubo a raggi catodici per intenderci, un’invenzione americana che iniziò a diffondersi nel nostro paese dal 1939.
Fatto sta che nei primi anni cinquanta il televisore fece il suo ingresso fra le mura italiane. Un ingombrante apparecchio che ebbe, fin dalla sera del 3 gennaio 1954 (ma solo nel 1961 il segnale televisivo arrivò a coprire tutta l’Italia) il pregio di riunire tutti davanti a sé: a un solo canale, bianco e nero. Da allora l’Italia ebbe dunque due massmedia da cui trarre informazioni e diletto: la radio e la televisione. E proprio la televisione, grazie anche alla sua capacità di attirare più attenzione della radio – impegnando la vista oltre all’udito – cambiò un’Italia ancora prevalentemente analfabeta. Uno dei principali pregi della televisione italiana fu infatti quello di aver unito linguisticamente l’Italia.
Il terzo “padre” della lingua italiana
Dopo Dante Alighieri e Alessandro Manzoni, cui dobbiamo rispettivamente il passaggio dal latino al volgare e l’italiano moderno, un italo-americano (per ironia della sorte) ebbe il primato della sua diffusione: Mike Bongiorno. Detto così sembrerebbe uno scherzo. In realtà Lascia o raddoppia?, grazie al suo straordinario successo, diffuse la lingua italiana, e la passione per la conoscenza, fra il grande pubblico di un paese ancora per buona parte dialettale e analfabeta; ben prima che riuscisse a farlo la scuola dell’obbligo. E questo è un merito riconosciutogli sia da Umberto Eco che da Tullio de Mauro (e dal critico televisivo Aldo Grasso con loro).
Ma proprio De Mauro, l’insigne linguista, sottolineò come anche il cinema sonoro – in cui tra il 1930 e il primo decennio post-bellico fummo i leader mondiali – diede un contributo alla diffusione dell’italiano di certo maggiore della stampa . E la televisione diede quello principale in assoluto in virtù delle sue potenzialità di rappresentazione realistica e all’espressione dei vari registri linguistici. La radio infatti ne proponeva essenzialmente uno: quello formale. Ma ancora più incisivo di De Mauro è Aldo Grasso nel sostenere che la televisione unì linguisticamente l’Italia, non con il linguaggio di Dante, ma con quello di Mike, nel migliore dei casi con quello delle cronache sportive, del Festival di Sanremo, della Lotteria di Capodanno, del telegiornale.
E ad Alberto Manzi e al suo Non è mai troppo tardi va riconosciuto il giusto merito di avere insegnato dell’italiano, proprio da quell’unico primo canale televisivo, grammatica e sintassi. Perché la Rai era nata con un principale obiettivo, chiaramente espresso nel suo statuto: rendere un servizio pubblico.
Fonti
Tullio de Mauro, Storia linguistica dell’Italia unita © 1963, 1970, Gius. Laterza & Figli
Antonio Facchin, La funzione dell’immagine dell’educazione linguistica democratica e nell’apprendimento grammaticale
Aldo Grasso, Storia critica della televisione italiana (1954-1979) © il Saggiatore S.r.l., Milano 2019
Guglielmo Marconi in Treccani, Enciclopedia dei ragazzi
Televisione in Treccani, Enciclopedia dei ragazzi
Wikipedia, Storia della televisione